
Eccomi. Eccomi nel cuore pulsante della città. La mia città: Mosca. Il sole, qualche nuvola bianca, il farfugliare del vento fra le fronde degli alberi, il passeggiare monotono degli sconosciuti, un bimbo che insegue una farfalla. O è una libellula? Strana la mia sensibilità, non è vero? La sensibilità del “grande cinico”. Inappropriata, perlomeno. Se dovesse saperlo la gente, non ci crederebbe. Io, colui che potrebbe stritolare chiunque con le proprie mani se solo gli venisse in mente di sfiorare anche solo un pezzo delle mie collezioni... A piedi ci metterò mezz’ora a raggiungere il monastero di san Danilo. Minuto più, minuto meno. Com’è affascinante questo 1909. Come sono affascinanti gli zar. Quanto è stupido Lenin. Probabilmente deve essere qualcosa di simile anche in altre città, a Parigi forse. Sto parlando del fascino. Mi piacerebbe fare un salto a Parigi. Dicono che ci siano degli ottimi pittori. Pittori che stanno rivoluzionando il concetto di pittura. Dicono che c’è uno spagnolo piccolo e tarchiato che sta facendo faville. Oltre a rimorchiare donne senza pietà. Uccidendole l’anima. Potrei farlo fuori e poi ricavarne una reliquia. Eh. Dai, sto scherzando. Mica sono così insano. Un giorno, comunque, dovrò decidermi a fare un salto in Francia. Anche per altre cose. Per vedere la Senna, per esempio. Per vedere... Va beh. Intanto sarà meglio pensare al colpo di oggi. Ho con me una valigetta da medico raccattata al mercato delle pulci l’anno scorso. Secondo il venditore apparteneva a Rasputin. Secondo me è una balla. L’ideale per metterci dentro ciò che mi serve. Né grande, ne piccola. Non dà nell’occhio. Funzionale. L’ideale. La mia reliquia dovrebbe starci alla perfezione. Che bello, però, passeggiare. Era da tempo che non camminavo così a lungo. Che non respiravo così profondamente. Mi sposto sempre in carrozza. D’altronde, potendomelo permettere... Agli agi, alle comodità sarebbe peccato mortale rinunciare. Ora, poi, che il progresso è ovunque. Che ovunque si sente parlare di progresso. Che anno magnifico il 1909. Quante scoperte sensazionali. Lo spazio, il cosmo, la chimica, la fisica. Una volta c’era l’alchimia di cui anch’io ho provato ad appassionarmi quand’ero più giovane. In camera mia ho provato a fare degli esperimenti strani. Molto strani. Un giorno ho fatto saltare mezza stanza. Da quel giorno, però, mio padre mi ha proibito di coltivare la mia passione. A proposito di esperimenti... C’è uno svizzero – mi sembra che sia svizzero - che deve aver inventato qualcosa di assai importante negli ultimi anni. Ha sviluppato una teoria importantissima. Dice che la massa moltiplicata per la velocità della luce equivale all’energia. Curioso, no? Come dire che io se mi muovessi alla velocità della luce non sarei più un corpo, ma una forma di energia. Una ‘massa’ di energia. Così le mie collezioni. Stupendo. Che brutta cosa invece i parassiti, i mentecatti, i fannulloni, quelli che aspirano alla rivoluzione. Fosse per me ripristinerei i servi della gleba. Maledetto 1861 e l’emancipazione dei contadini. L’uguaglianza sociale è una blasfemia. C’è chi nasce per pascere il bestiame e chi per... collezionare reliquie. Dunque oggi faccio tranquillamente a meno della carrozza. Oggi sono così su di giri che potrei spostarmi a piedi anche per andare sulla Luna. Di questo passo sarò al monastero per mezzogiorno, poi avrò tutto il tempo per lavorare con calma. In fin dei conti il monastero lo conosco come le mie tasche. In fin dei conti conosco come le mie tasche il punto preciso dove effettuerò il mio furto. Il mio capolavoro. Proprio lì: il punto in cui è sepolto il grande, inimitabile, maestoso Nikolaj.
Ci siamo. Quello là in fondo è il monastero di san Danilo. Pochi passi, pochi passi e ci sono. Infatti. Eccomi davanti alla casa di Sofia. Una casetta piccola e lugubre, appesantita dagli anni, circondata da oche e galline. Una volta ci abitava un monaco con un occhio di vetro e il suo cane zoppo. Mi guardo intorno con fare circospetto. Non c’è anima viva. Non una traccia di qualche monaco ficcanaso. Bene così. Agguanto la chiave dal pertugio. Mi muovo verso l’entrata della chiesa. Reminiscenze gotiche, possibile? La chiesa... Sarà meglio utilizzare un’entrata secondaria. La chiave, tanto, è sempre la stessa. È la stessa anche dei sotterranei dove i monaci nascondono viveri e oggetti preziosi e dove mi piace andare a curiosare quando sono in compagnia del superiore. Da qui si passa prima in sacrestia, poi nel monastero. Passaggio obbligatorio. La chiave gira alla perfezione. Il buon lavoro dei fabbri da queste parti non lo si può certo mettere in dubbio! I fabbri moscoviti sono una garanzia. Come le miniere di sale di Wieliczka. Sono all’interno del monastero. La luce è fioca, come sempre. C’è un’umidità pazzesca. L’ambiente è tetro, c’è odor di cera, c’è odor di marcio, muffa. Tutte cose che conosco alla perfezione e poi... i tanti attrezzi degli operai, così come sono stati lasciati ieri, prima che i lavoratori si concedessero due giorni di riposo in occasione della ‘gita’ fuori porta dei monaci. Eh sì, perché in questi giorni – non a caso in concomitanza con l’anniversario dei cento anni dalla morte di Nikolaj – è in corso il restauro della sua tomba. Mi avvicino dunque al luogo di sepoltura e... Mamma mia, quanto ben di Dio, ehm. Dio, lasciamolo stare. Benché ateo, queste situazioni riescono sempre e comunque a mettermi una certa ansia. Nonostante gli anni di esperienza... Oddio cosa vedo. I resti di... i resti di un gigante, il gigante, capostipite della letteratura russa, mio padre e mio nonno e mia nonna e... Mi vengono i brividi. Anche se di solito i brividi non mi vengono mai. Mi viene la pelle d’oca. La pelle di cappone. Come succedeva a mia mamma quando le dicevano che lo zar aveva il mal di pancia perché aveva mangiato troppo. Che sciocca mia madre. Avrebbe dato la vita per lo zar. Ci sono perfino dei frammenti di tessuto della sua giacca. Ci sono... Non ci posso credere. Que... Quella è la giacca di Nikolaj! La giacca... Dunque: un pezzettino potrei prenderlo per Lenin. Un taglietto qui, un taglietto là... Chi lo sa: potrebbe fargli piacere. O per quell’altro imbecille: Stalin? Ok. Bada alla ciance. Procediamo. Le ossa sono perfettamente conservate. Ottimo. Le ossa sono perfettamente integre. Quanto sono belle. Nonostante gli anni. Cento anni. Cento anni dopo le sue coliche. Cento anni dopo i suoi accessi di isterismo. Misticismo malato. Ma ecco il pezzo forte... Quello che sarà il migliore oggetto della mia collezione. Quello più prestigioso. Che conserverò con grande cura in un anfratto segreto del mio freddo, gelido e umido appartamento. Eccolo brillare davanti alle mie pupille affamate. Occipitale, parietale, temporale. Lo afferro con delicatezza - soffocando il tremolio delle mani - e lo infilo nella mia borsa da dottore. La borsa di Rasputin. La borsa... Fatto. L’avevo detto: l’ideale. Facilissimo. Felicissimo. Giuro. Non pensavo potesse essere così semplice. Ah, beh, ehm. Sì, è giusto, più che giusto. Un minuto di silenzio. Sarà anche il caso. Abbasso il capo. Mi tocca. Massimo rispetto. Massima devozione. Ciao Nikolaj... Ti prego, non ne averne a male. No. Faccio questo anche in nome della cultura. E poi... poi, pensa, sarà grazie a me che regnerà per sempre nei secoli e nei secoli il mistero della tua testa perduta. La testa perduta del grande Gogol.
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