mercoledì 22 dicembre 2010

Short stories: "Chanson pour l’auvergnat, una canzone (a)po(ca)li(t)tica"

Era uno strano periodo, il 2000. Periodo in cui si giocava parecchio, a briscola, e si ascoltava un sacco di musica francese, vecchia. In cui si ascoltavano stazioni radio obsolete. E si andava a caccia di reperti preistorici o risalenti al Settecento. E si andava a caccia di ragazze pallide e smagrite. E si andava a rimirare le stelle sul Moncenisio. È magico osservare le stelle dal Moncenisio. Specialmente se le intenzioni sono quelle di raggiungere Parigi seguendo una rotta alternativa, secondaria. I venti non spirano sempre nella stessa direzione. La tramontana, figuriamoci. Chissà perché poi.
Parigi è lontana, mancano più di mille chilometri, ma la tenda è sicura, non c'è dunque rischio di rimanere senza un riparo, anche se ci si trova dalle parti di Pont Aven, sommersi dalle ostriche e dallo sguardo di un barbuto che sistema la sua barca dove tanti anni fa, forse, un impressionista famoso indovinò un nuovo colore. In caso di pioggia, non si sa mai.
Superate le Alpi le brioche hanno un sapore eccezionale, e anche l'alba non è come nel torinese. L'aria frizza. L'autoradio prosegue per la sua strada. Presto si arriva a Clermont Ferrant. C'è un'altura da cui è possibile rimirare mezza Francia. E il Monte Bianco. Le guglie del Monte Bianco. Poi Le Mans, poi un caos assurdo di automobili, tubi di scappamento ed effetto serra, poi un bagno perché la vescica non ne può più. Benché i cessi francesi siano assai diversi da quelli italiani. Quasi non si centra il buco. Possibile? Oddio, comunque sono diversi. Così come diversi da noi sono, in fin dei conti, i francesi stessi, l'etnia. Noi non abbiamo mai avuto un Napoleone, o sì? Noi non abbiamo mai avuto un Danton, o no?
A Parigi ci si rifornisce di aria, facendo tappa in una farmacia. C'è chi ha problemi a un dente. Forse ci vuole un collutorio. Forse è la psiche, in ogni caso, è fatta. L'ipocondria è una strategia vincente. Quindi si bissa Parigi. E siamo a Montmartre.
Mangiare nel cuore di Montmartre è come scrutare Picasso all'opera. Eccolo mentre esibisce al pubblico il suo ultimo capolavoro. Max Jacob cincischia in una lingua incomprensibile e Modì fa il ritratto a un omone con un naso che sembra un carciofo. Certo, ci vuole un po' di fantasia, ma la fantasia non manca di sicuro ai fantasiosi quali sono gli ascoltatori di musica francese, vecchia. Nel 2000 si ascoltavano anche canzoni come "Le metéque" di Moustaki. Assurdo, a ripensarci oggi, che se non si va da nessuna parte senza un po' di sana elettronica. In ogni caso, per fortuna.
Una volta a Parigi c'è perfino un buco di fianco alla Torre. Esattamente. Come sia possibile, non ne ho idea, ma… la macchina, una macchina… e poi, come dimenticarsi di George Brassens e della "Chanson pour l'auvergnat"? Canzone apocalittica. Canzone politica? Eh? Possibile che non si possa stare nemmeno mezza giornata senza politica? Cosa ci fa la politica? Siamo ossessionati dalla politica? E la Senna? Un fiumiciattolo.

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