sabato 29 gennaio 2011

Short stories: "Diario africano" (V)


22 agosto

Una mini guida che ho trovato in missione si riferisce a Bagamoyo descrivendolo come un "piccolo centro della costa che si trova a Nord di Dar Es Salaam, il cui nome significa 'lasciamo qui i nostri cuori'". Era di qui, infatti, che gli schiavi catturati all'interno del Paese venivano condotti per poi essere imbarcati verso una vita di soprusi e crudeltà.
Oggi la sveglia è suonata alle 7.00. Dopo una sbrigativa colazione siamo partiti per Bagamoyo. Una strada battuta da mezzi di ogni genere, animali, individui a piedi e in bicicletta. La terra rossa, rossa come il rosso dei campi del Roland Garros, qua e là ombrata da metri di foresta lussureggiante. In cima agli alberi volavano uccelli sconosciuti, dal canto altrettanto incomprensibile. Oltre il loro sbattere d'ali, il cielo era basso, le nuvole basse, brillava un orizzonte impossibile da decifrare. Abbiamo fatto varie soste: per far pipì e per osservare qualche piccolo villaggio caratteristico. In uno è capitato di ascoltare le grida disumane di una partoriente: si trovava all'interno di una casupola di fango, circondata da un piccolo recinto nel quale sguazzavano strani mammiferi. Alle 11.00 arriviamo a destinazione. Prima tappa, la cattedrale e il vicino museo, pieno di cimeli del periodo schiavitù.
"Quante devono averne patite i poveri africani di un tempo", mi sussurra Roberta, attenta a non farsi sentire da padre Isacco.
"Mi sembra ancora di percepire il loro pianto, il pianto degli schiavi", mugugna Alessia di fronte a quello che ha tutta l'aria di essere uno scalpo.
Non fiato. Ma anch'io percepisco l'aria opprimente del luogo e m'immedesimo nelle tante anime che in passato, in questo angolo di mondo, hanno esalato l'ultimo respiro di libertà. Ci sono ancora le manette utilizzate per immobilizzare gli schiavi.
"Anche questo è l'uomo", filosofeggia Enrico.
Padre Silvestro lo fissa con uno sguardo accondiscendente.
Altre stanze offrono l'opportunità al turista di soffermarsi sulle avventure vissute da Livingstone e Stanley. Livingstone, scozzese, scoprì le foci del Congo e le cascate Vittoria. Morì di malaria: il suo cuore è sepolto lungo le rive del Lago Bangweulu, a Chitomba, nello Zambia. Stanley incontrò Livingstone nel 1971. Quest'ultimo era un giornalista ed esploratore americano, gallese di nascita, incaricato di andare a cercare proprio Livingstone. I due divennero ottimi amici.
Pranziamo presso uno squallidissimo bugigattolo gestito da indiani. Non ci sono le posate, così proviamo anche noi l'ebbrezza di rifocillarci a mani nude: riso, polenta, fagioli e spinaci. Nel complesso un pranzo decisamente vomitevole, il colera potrebbe essere dietro l'angolo!
Durante la fase digestiva visitiamo la spiaggia di Bagamoyo, simile a quella di Kigamboni. Trovo un bel conide e un pecten.
Sulla strada del ritorno Loredana appoggia la testa sulla spalla di Enrico: se si contano anche le numerose occasioni in cui li abbiamo visti parlottare sottovoce, si può tranquillamente dedurre che l'amore fra i due sia definitivamente sbocciato. Si sforzano solo di mantenere un certo contegno. Temono di dare scandalo. Innamorarsi in Africa, in una missione, wow.
Rientriamo per le 19.00.
In questo momento abbiamo da poco finito di cenare. Oggi non ho ancora visto Samson. Sta alla larga? Perché sta alla larga? Non è venuto un minuto in missione. Non ho neanche incontrato la ragazza di ieri. E domani compio venti anni!

23 agosto

Oggi compio vent'anni. Vent'anni, cazzo, mi sto facendo grande? E il mio primo pensiero, chissà perché, corre ai miei nonni. Nonno Ambrogio e nonna Pina. Ho voglia di rivederli, sentire l'odore delle loro pelli. Ho voglia di chiacchierare con loro, piantare qualche ortaggio col nonno, osservare la nonna mentre prega...
Stamane, appena sveglio, mi sono trovato in camera Roberta, Alessia ed Eleonora con due candeline in mano, mentre con Enrico intonavano "Happy birthday".
Felicità.
Mi sono vestito e ho raggiunto la cucina per la colazione. Qui la seconda festa. Padre Silvestro mi ha stretto la mano e mi ha baciato affettuosamente. Mi ha consegnato un biglietto di auguri con scritto:
"Servi il Signore nella gioia".
Poi mi ha indicato la cuoca, Susanna, felice anche lei di abbracciarmi e baciarmi col suo sederone universale. Al mio solito posto mi attendevano cinque fette di pane, con la scritta "auguri" con la marmellata. Un "20" al centro della scritta, con pezzetti di banana. Poi sono cominciati i regali. Roberta mi ha regalato una maglietta con inciso il logo dei REM, più un braccialetto. Enrico, con Alessia ed Eleonora, mi ha donato un libro riportante tutte le canzoni di Simon & Garfunkel.
Abbiamo lavorato fino alle 12.00. Pranzo e via, in spiaggia, dove mi sono dedicato alla fotografia. Siamo rimasti al mare per almeno tre ore, parlando, nuotando, giocando, correndo. Il tramonto stasera era favoloso. C'era una palla di fuoco all'orizzonte che se chiudo gli occhi la rivedo ancora. Una magnificenza, col sottofondo delle onde… A un certo punto mi viene incontro Roberta e mi sussurra di essere fiera di avere un amico come me.
"Scherzi?", le domando.
"Per niente".
"Non mi sembra di essere un buon amico".
"Infatti, a volte sei un po’ troppo egoista".
Mi sorride con gli occhi luccicanti, sembra che voglia aggiungere qualcos'altro, ma si ferma lì.
Anche oggi Samson è rimasto alla larga. S'è fatto rivedere solo stasera. Aveva lo sguardo mogio e abbacchiato. Rivedendomi mi ha confidato di sentirsi molto male per l'accaduto, ma mi ha ribadito che lui non c'entra niente.
"Non ti preoccupare", gli ho detto.
In fondo non ci sono prove concrete che sia stato lui, potrebbe anche essere Joseph il colpevole, o entrambi: uno ha fatto il palo e l'altro ha agito. Tutto è possibile. In ogni caso, se sono stati loro a rubare i nostri soldi non posso biasimarli. Dopo un po’ mi ha detto che la ragazza dell'altro giorno vuole rivedermi. Oggi l'ho intravista di sfuggita, ma ancora una volta le sono stato alla larga. È davvero carina.
Sto ascoltando un pezzo degli Eagles. Mi fa venire in mente il mio amico Ghirardelli. Anche lui ci sa fare non poco alla chitarra. Ha una passione smodata per la west-coast. Ho fatto l'elenco delle canzoni scritte negli ultimi tempi. Sono a quota dieci, non male. Ecco i titoli:

1. My grandfather
2. In my dreams
3. Hard times in my town
4. All together
5. On the beach
6. The pilgrim
7. The long road
8. Un uomo
9. Samson
10. Gilda

Domenica arriveranno i romani da Iringa. Rientreranno in Italia un giorno prima di noi. Li ospiteremo per una notte a Kigamboni. La mia bella avventura è agli sgoccioli.

24 agosto

La giornata di oggi non è stata delle migliori. Mi ha procurato solo un vivace mal di testa, che ancora ora mi sconvolge le tempie. Abbiamo trascorso l'intera mattinata al mercato dell'ebano. Ero caput. Stanco e demotivato. Se n'è accorta subito Roberta che mi ha chiesto come stavo.
"Tutto ok, sono solo un po’ assonnato", le ho risposto.
Abbiamo pranzato al solito Agip, ormai divenuto famigliare. Con noi c'erano Charlie, Deo e Monday. Chiaramente nessuna traccia di Samson e Joseph. I due si sono volatilizzati.
Ho appena finito di giocare a pingpong con un ragazzino della missione che non avevo mai visto. È un asso.
Ieri sera, per il mio compleanno, abbiamo festeggiato con i ragazzi del posto. Le cuoche ci hanno servito piatti stracolmi di ananas e gelato. China e Deo mi hanno consegnato un biglietto con scritti i loro auguri e le rispettive firme. Con oggi al mercato dell'ebano ho esaurito tutto il mio budget. Da questo momento sono povero in canna. Mi sono rimasti solo un gruzzolo di scellini che non basterebbero nemmeno a comprare un anellino d'avorio.
Sto pian piano sistemando le varie cose che ho raccolto e mettendo da parte i vestiti e tutto ciò che lascerò in missione. Tornerò a casa più leggero: al posto degli indumenti riempirò le valigie di conchiglie e altri reperti naturalistici che spero non mi creino problemi in frontiera. La giustizia è molto severa. È necessario per tenere a bada il contrabbando.

25 agosto

Oggi non abbiamo fatto molto. Dopo la messa delle dieci ci siamo concessi una capatina al mare e abbiamo sistemato un po’ di bagagli. Fra poco ci sarà grande trambusto. Dopo pranzo abbiamo fatto un giro per il villaggio. Enrico e Loredana si tenevano per mano. Mi sa che la cosa s'è fatta ormai ufficiale. I due potranno dire di essersi innamorati in Africa. Un bel traguardo. Oggi non ho molta voglia di scrivere. Ho l'impressione che ormai non ci sia più molto da raccontare. Domani è lunedì, l'ultimo lunedì che trascorro a Kigamboni.

26 agosto

I romani hanno portato una ventata d'aria fresca, restituendoci un po’ di entusiasmo perduto. Ieri sera siamo rimasti in piedi fino alle 2.00, come i primi giorni. Il tempo è volato. C'era un via vai incredibile per la missione. Gente che andava e che veniva con asciugamani, accappatoi, carta igienica. Io ho suonato parecchio con un tale di nome Flavio. Mi ha fatto conoscere una canzone che non avevo mai sentito: "L'avvelenata" di Francesco Guccini. Mi ha esaltato. Un testo del genere, così ricco di "sfumature" lessicali, non credevo fosse possibile comporlo, soprattutto in Italia, dove vige un moralismo esasperante e troppo spesso fuori luogo. Gli ho chiesto di cantarmela almeno quattro volte. Non ne poteva più. Mi sono segnato l'album che la contiene, così saprò dove andare a recuperarla una volta a casa.
Flavio ha una decina di anni in più di me; suona davvero bene e ha anche una bella voce. È alto e magro, con due braccia esageratamente allungate. Sta insieme a una ragazza minuta e silenziosa, con una folta capigliatura.
Nel calderone della sera mi si è affiancata Roberta e mi ha cinto la vita. La sua mossa non mi è dispiaciuta, ma mi ha lasciato un po’ perplesso. Poco dopo mi ha stretto ulteriormente, provocandomi un brivido freddo. Poi me l'ha buttata lì:
"Stasera avrei voglia di fare l'amore con te".

27 agosto

The sun is sinking in the west
The cattle go down to the stream
The redwing settle in their nest
Its time for a cowboy to sing

Purple light in the canyon
That’s where I long to be
With my three good companions
Jus’ my rifle, my pony and me

Whiporwill in the willow
Sings a sweet melody
Ridin’ to Amarillo
Jus’ my rifle, my pony and me

No more cows to be ropin’
Nor more strays will I see
‘Round the bend she’ll be waitin’
For my rifle, my pony and me
For my rifle, my pony and me

I romani sono partiti.
Domani arriverà l'ultima carovana di missionari.
Flavio e gli altri hanno lasciato la missione alle 6.00. Ci siamo svegliati per salutarli, poi di nuovo sotto le coperte. Dopo colazione abbiamo lavorato: gli ultimi ritocchi alle finestre di un caseggiato ai confini del villaggio. Sulle impalcature Roberta mi guardava con aria suadente. Allo stesso modo si inseguivano Loredana ed Enrico. Alessia continua a essere un mondo a sé. È quella che, nel complesso, s'è forse divertita meno. Mi ha dato sempre l'impressione di non trovarsi a suo agio. Così taciturna, sorniona, come se avesse qualche seria difficoltà ad ambientasi pienamente, per qualche astruso motivo noto solo a lei.
Pranzo con pasta e pollo.
Per questa sera abbiamo confezionato dei pacchi regalo che consegneremo ai nostri amici di Kigamboni. Più che altro vestiti:
"C'è un bambino che indossa la stessa maglietta lurida di quando siamo arrivati", mugugna Loredana.
"È sempre la stessa ed è sempre più sporca", dice Enrico.
"Potrebbe averla lavata e indossata di nuovo", osservo.
Lo sguardo dei miei compagni di viaggio è tutt'altro che benevolo. Sarcasmo a parte, mi sento un po’ triste. Malinconico. L'idea di dover salutare le tante persone che ci hanno circondato in questo mese mi mette una certa apprensione. Mi conforta l'utopica idea che una minuscola parte di me rimarrà nel loro cuore per sempre (e viceversa).

Non vivere
Come un inquilino
Come un villeggiante
Nella natura
Vivi in questo mondo
Come fosse la casa
Di tuo padre
Credi al grano
Alla terra
Al mare
Ma prima di tutto
Credi all'uomo…

Nazim Hikmet

28 agosto

Ieri sera prima di coricarmi sono rimasto solo per un po’ a contemplare il cielo. C'era una grossa luna. Seduto, appoggiato al muro delle stanze col naso all'insù, per una buona mezz'oretta, ho salutato l'Africa a modo mio. Ho cercato il geco dell'altra volta, ma invano: al suo posto ho scorto un gigantesco ragno, che camminava saltellando.
Ho pensato e ripensato a quello che ho vissuto, a quello che mi lascio alle spalle, e a ciò che mi aspetterà. E ancora una volta ho avuto l'impressione di non trovarmi solo. Ascoltavo un disco dei 10.000 Maniacs. La cantante si chiama Natalie Merchant, ha un bel timbro. In un pezzo duetta con Michael Stipe.
Oggi ci siamo svegliati alle 8.30 e siamo stati in spiaggia fino a mezzogiorno, poi il pranzo. Ho lavato i piatti, prima di coricarmi fino alle 15.00. Roberta è venuta a svegliarmi con un bacio. Di nuovo al mare, me ne sono andato a zonzo lungo la riva per un'ora abbondante. Con me c'era Gerard, che da quando Samson è sparito, mi accompagna per ogni dove. Ieri ha addirittura dormicchiato al mio fianco, sotto le fronde di una palma che cresce in un cortiletto interno della missione.
Mi accingo a trascorrere l'ultima mia notte africana con un solo pensiero: Kigamboni.

Nessun commento:

Posta un commento