sabato 14 aprile 2012

Affari condominiali: quarto piano, appartamento D



Avevano previsto lo scambio di coppia per il 25 aprile e il 26, con un'aria vagamente sinistra, s'erano ritrovati come tante altre volte allo stesso tavolo per mangiare insieme e raccontarsi le ultime novità; tranne, naturalmente, ciò che era accaduto durante la notte precedente. L'idea era nell'aria da tempo, ma non era stato facile e scontato giungere all'accordo finale. Un po' per scherzo, un po' per provare brividi diversi, i quattro s'erano più volte detti che, vista la loro eccezionale confidenza, sarebbero potuti essere perfettamente intercambiabili: l'uno sarebbe potuto diventare il marito dell'altra e viceversa. Anche a letto, quindi, lo scambio avrebbe idealmente potuto raggiungere lo stesso felice epilogo; considerato che, forse, era soprattutto questa l'emozione realmente inseguita, per vincere la monotonia di rapporti ormai fin troppo rodati e in antitesi al subliminale desiderio di tornare adolescenti anche per una sola notte, giocando con l'altro sesso senza patemi e ansie. Non faceva una piega, ma c'era di mezzo una lista infinita di dubbi. Poi come sarebbe stato il rapporto fra loro? Come si sarebbero guardati negli occhi? Come avrebbero guardato i propri figli? In ogni caso erano giunti davvero a programmare la fatidica serata, tenendo conto di due diktat inderogabili: nessuna delle due coppie avrebbe mai potuto rivelare all'altra ciò che sarebbe accaduto e la cosa sarebbe dovuta finire lì, come un accadimento raro e improvviso senza possibilità di replica, e da dimenticarsi nel minor tempo possibile. (Una parola!). Che fosse una mezza utopia, per non dire stupidata, era noto a tutti, ma l'eccitazione di mettersi in gioco aveva alla fine avuto il sopravvento, portandoli, appunto, a stabilire una data per dare il via alla famigerata avventura. Protagonisti dello scambio erano stati i due abitanti dell'appartamento D del quarto piano del condominio omatese, Claudio Valsecchi e Donatella La Rosa e i due amici di Cavenago, Enea Erba e Flaminia Colombo. Claudio lavorava come elettricista per una ditta di Vimercate: riparava impianti elettrici per i centri commerciali e supermercati della zona; era un tipo con la testa perennemente fra le nuvole, affascinato dal mondo dell'elettronica, all'epoca in pieno fermento; da tempo aveva saputo che Delphine, la francesina del condominio, lavorava per la SGS, la ditta di transistor, alla quale ambiva da anni, e aveva pensato, dunque, di farsi avanti per chiederle di introdurlo nei laboratori del centro; ma non trovava mai l'occasione giusta per buttarsi; era anche per via di una certa timidezza che lo contraddistingueva, ma che, comunque, non gli impediva di imitare l'Enrico Beruschi del Drive-in (suo spettacolo televisivo preferito), se solo qualcuno glielo avesse chiesto. Donatella faceva la cassiera alla Città Mercato di Merate; era una ragazza diligente e responsabile, anche se non le dispiaceva di tanto in tanto organizzarsi con le amiche per una serata un po' al di sopra delle righe, nella quale pensare solo a bere e divertirsi. Qualche volta a questi fuori programma da bagordi partecipava anche Flaminia, seppur con qualche riserva e il pensiero del quale non riusciva mai a liberarsi di dover lasciare a casa il marito da solo con il figlio. Enea lavorava come bracciante in un vivaio omatese; era un tipo nervoso, con le braccia tatuate e il vizio di accendersi una sigaretta dopo l'altra, anche a tavola, anche in presenza del proprio piccolo. Gli piaceva la politica, in particolar modo la storia politica che contraddistingueva le due superpotenze in perenne contrasto fra loro: USA e URSS. Sosteneva che solo una piccola parte della verità – relativa alle disamine sui loro rapporti – emergesse: il resto era tenacemente tenuto nascosto, per poter meglio gestire le attività dei rispettivi servizi segreti. Flaminia era, infine, la più avveduta del quartetto di amici, ma era anche l'unica ancora in cerca di un'occupazione stabile, dopo aver fatto per anni la baby-sitter e aver tentato, invano, di laurearsi in economia e commercio: alla fine aveva desistito perché era rimasta incinta, ma il fatto di non avere concluso gli studi era un tarlo del quale non riusciva a liberarsi; ma pensava un giorno di potersi rimettere in pista, in fondo, era tutt'altro che vecchia. Entrambe le coppie non navigavano nell'oro, ma stavano bene, e potevano permettersi vari sfizi, fra cui due belle macchinette con cui sfrecciare il sabato e la domenica per le strade brianzole, e di tanto in tanto un viaggetto oltreoceano: erano già stati in un'isola dei Caraibi e alle Canarie, dai quali erano rientrati entusiasti e galvanizzati dall'idea un giorno di poter fare una crociera per l'intero pianeta. S'erano già informati sui costi: sessanta milioni di lire cadauno. Una cifra esorbitante, ma raggiungibile se... avessero perlomeno vinto al totocalcio. Si erano sposati quasi in contemporanea; Claudio e Donatella nel maggio del 1981, Enea e Flaminia a luglio. E quasi contemporaneamente avevano messo al mondo la propria amata creatura: i primi due erano diventati genitori nel febbraio del 1983, gli altri due nell'ottobre dello stesso anno. Due figli maschi: Francesco e Davide. Ed era stato anche questo il motivo che li aveva portati a frequentarsi con sempre maggiore assiduità. Avevano gli stessi gusti, gli stessi orari, gli stessi problemi, e amavano divertirsi nello stesso modo. Nell'aprile del 1986 avevano, dunque, vissuto moltissime cose insieme, al punto da considerarsi spesso una sorta di famiglia allargata con due mamme, due papà e due bambini. L'idea di scambiarsi di coppia era inizialmente venuta a Enea, una sera che stavano cenando a lume di candela in una vecchia trattoria di Osnago e che avevano già bevuto un paio di bottiglie di vino:
«A quando il primo scambio di coppia? A questo punto... potremmo considerarlo il degno seguito del nostro sodalizio...».
L'aveva buttata lì per ridere, ma gli altri tre non erano rimasti indifferenti.
«Cioè?», aveva domandato Donatella, con un sorriso vagamente malizioso.
«Che cazzo stai dicendo?», aveva ribattuto divertito Claudio. «Da quando in qua mogli e mariti si scambiano con altre coppie?».
«Non sarebbe una cattiva idea», aveva detto Flaminia. «Pensa che roba... io vengo con te per una notte, ed Enea va con Donatella... chissà che ridere...».
A Claudio era andato di traverso il vino. Ma l'idea non gli dispiaceva affatto, benché una certa morale gli impediva di fantasticare oltremodo su altre grazie.
«Eh, Claudio», aveva detto Enea, «dovresti considerare seriamente la cosa; stai, però, attento che Flaminia a letto è una furia...».
Era finita lì. Poi, però, un pomeriggio uggioso di fine novembre, che si erano ritrovati tutti, di nuovo, nell'appartamento D del quarto piano, a seguire passivamente i risultati delle partite di calcio – e a sperare ancora una volta in un bel dodici, se non tredici - Enea era tornato all'attacco.
«Allora, quando ci mettiamo in ballo?».
«Per cosa?», aveva domandato Claudio.
«Lo scambio di coppia che dicevamo l'altra sera...».
«Oddio, ancora con questa storia...», aveva mugugnato Donatella, con un tono apparentemente acido.
«Non sarebbe male, però», aveva rincarato la dose Flaminia, dando l'impressione che la coppia si fosse messa d'accordo per riproporre ufficialmente lo scambio.
«Allora decidiamoci una volta per tutte, non continuiamo solo a dirlo...», era stata la battuta di Donatella.
Il più perplesso pareva Claudio che non capiva dove finisse lo scherzo e dove la reale consapevolezza di compiere un passo perlomeno critico che, certo, non aveva mai riguardato nessun suo parente, e forse nemmeno un amico o conoscente. La sua morale scalpitava con tenacia. La famiglia nella quale s'era formato gli aveva insegnato a rispettare certi dogmi, ed era, dunque, difficile adesso uscire dal seminato per dare retta all'idea screanzata di un amico; anche se l'ipotesi di poter avvinghiarsi a Flaminia lo stuzzicava parecchio. Ma era tornato subito sui suoi passi ipotizzando un complotto nei suoi confronti, giudicato il facilone dei quattro, e quindi quello più facilmente prendibile di mira per qualche balzana. Alla fine s'era messo in testa che lo stessero prendendo per i fondelli; non sarebbe stata la prima volta. Ma il frastuono della congiura non era durato a lungo. Gli altri compari erano entrati in dettagli tali da fargli intuire che la cosa – contro ogni suo dubbio - avrebbe potuto essere del tutto verosimile, tenendo semplicemente conto di una prerogativa essenziale: dell'argomento non ne avrebbero mai dovuto parlare, né fra loro, né con nessun altro.
«Saremo in grado di mantenere questo patto?», aveva domandato Flaminia, mimando un senso di apprensione che non le apparteneva.
«Dobbiamo riuscirci, sennò va tutto a monte», s'era espresso Enea. «Se la cosa saltasse fuori potremmo non riuscire più a trovare l'armonia fra noi e...».
S'era messo a ridere.
«Sarebbe un peccato», aveva detto Donatella, guardando con occhio civettuolo Enea.
«In fondo potrebbe non accadere nulla...», aveva detto Flaminia.
«Appunto», aveva ribattuto Enea. «Questo è il bello... Non è assolutamente detto che debba accadere qualcosa. Potrebbe anche essere un semplice mettersi alla prova...».
La cosa era rimasta lì per un po' di mesi, scombussolata da una serie di vicissitudini familiari, compreso l'urgente ricovero del padre di Enea colpito da un infarto; ma passate le vacanze di Natale, ormai prossimi al carnevale, un giorno che erano a spasso per le strade monzesi con i rispettivi piccoli, s'erano dati l'ultimatum.
«Allora abbiamo deciso...», aveva detto Flaminia.
«Siamo sicuri?», aveva domandato Donatella.
«Sicurissimi», aveva detto Enea.
«Se lo dite voi...», s'era pronunciato con la solita titubanza Claudio.
«Il 25 aprile...», era andato avanti Enea. «Molliamo Davide e Francesco dai nonni e... via all'avventura».
«Mamma mia», aveva mugugnato Flaminia, «ci sarà da ridere».
Teatro dell'alcova erano stati scelti i rispettivi appartamenti. Donatella sarebbe andata a casa di Enea – una dimora nei pressi del Ponte di San Rocco, a Vimercate - Flaminia a casa di Claudio, la casa del palazzone omatese che tutti e quattro conoscevano molto bene e dove, nella maggior parte dei casi, erano soliti trovarsi per tirare notte fra un brindisi e l'altro o un film in videocassetta e una chiacchierata sulle prossime vacanze da fare insieme. L'orario fissato per le 20.30. Sicché il grande giorno era arrivato in un battibaleno, pur senza aver sentito la necessità di ribadire la scadenza ormai prossima, ogni altra volta che i loro cammini s'erano incrociati. Quasi nello stesso instante Donatella aveva, quindi, suonato a casa di Enea, mentre l'amica digitava il citofono dei Valsecchi. Entrambe portavano con sé una bottiglia di vino rosso, recuperata durante l'ultima spesa fatta, nei rispettivi supermarket di fiducia. All'inizio per entrambe le neo coppie era stato piuttosto imbarazzante ritrovarsi in quella situazione così particolare, tuttavia nel giro di mezz'ora erano già tutti perfettamente a loro agio: in fondo si conoscevano come le loro tasche e già in altre occasioni una certa intimità, diciamo metafisica, aveva avuto il sopravvento a destini incrociati. Avevano parlato per un po' prima di decidersi a mettere qualcosa sotto i denti e dare l'avvio ufficiale alla notte fedifraga. Donatella ed Enea avevano chiacchierato del prossimo viaggio che avrebbero potuto fare insieme. Dopo Caraibi e Canarie, stava facendosi largo l'idea di visitare la Grecia; un'isola della Grecia; alcuni amici erano stati a Santorini e ne avevano parlato con grande trasporto. L'alternativa era Mikonos che Donatella aveva appena visto in un programma televisivo di Rai 3: le erano rimaste impresse le case bianche di Mikonos, in contrasto con la meraviglia del mare blu. Gli altri due avevano affrontato un argomento molto meno affascinante: le ultime malattie patite dai bimbi, gli orecchioni di Francesco e la varicella di Davide. Dopodiché, Claudio e Flaminia, s'erano fatti una pastasciutta, mentre Enea e Donatella s'erano buttati su una cotoletta alla milanese. La cena era scivolata via tranquilla e senza particolari scossoni, continuando sui temi annunciati nella primissima parte della serata e di tanto in tanto tirandosi un'occhiata di autocompiacimento. S'erano così ritrovati tutti e quattro pieni e sazi sui rispettivi divani, fissando passivamente lo schermo del televisore sintonizzato su Rai Due in casa Valsecchi, e su Rai Uno in casa Erba. Rai Due stava trasmettendo un documentario sul caso Orlandi, la quindicenne scomparsa nel nulla nel 1983, un caso coinvolgente il Vaticano, la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di vari paesi; secondo alcune indiscrezioni la ragazza era viva e vegeta, benché ricoverata in un manicomio di Londra; su Rai Uno era invece in onda un film di Sergio Leone, “C'era una volta in America”, lungometraggio uscito nel 1984, con la partecipazione di star come Robert De Niro e Joe Pesci.
«Mi piace De Niro», aveva bofonchiato Donatella, masticando un pezzo d'insalata rimasto incagliato fra i denti, con l'impressione che Enea potesse averlo colto senza avere avuto il coraggio di farglielo notare.
«Piace anche a me», aveva ribattuto Enea. «L'hai visto “Il cacciatore”?».
Non ne ricordava granché, per questo aveva preferito puntare su un film del quale aveva ben più certezze.
«Ho visto “Taxi Driver”, grandioso».
I primi, però, a divertirsi andando oltre i limiti imposti dalle regole del tradizionale rapporto amicale erano stati Claudio e Flaminia. Lei, in particolare, s'era messa a stuzzicare il compagno, facendogli un po' il solletico, e in seguito facendogli passare sotto il naso il proprio piede scalzo. Claudio s'era messo a ridere come un bambino, ma trovandosi inaspettatamente impacciato, aveva allontanato l'arto della ragazza dopo aver mimato un morso.
«Che fai?», gli aveva detto ridendo Flaminia.
«Sono un vampiro, non lo sapevi?».
«Lo sapevo, per questo sono qui. Amo i vampiri».
Claudio s'era messo a ridere con ulteriore enfasi, stuzzicato dall'idea di poter far qualcosa di più con quella parte anatomica fuori dalla sua giurisdizione, tipo baciarla o, addirittura, leccarla; condividendo una lettura fatta di recente relativa alla teoria secondo la quale il piede possiede un ruolo primario nell'immaginario erotico feticista, benché non sapesse esattamente cosa si intendesse con questa parola (un po' come le due adolescenti dei primi piani, Cristina e Marina). Peraltro Flaminia aveva un piedino perfettamente disegnato, elegante, né grasso né magro, con le dita perfettamente allineate, le unghie curate e un inaspettato profumo che gli aveva fatto vibrare i sensi. Sull'altro fronte, invece, le cose erano andate avanti con maggiore contegno.
«Ci facciamo un caffè?», aveva proposto Donatella.
«Ottimo», aveva ribattuto Enea.
Ed erano andati avanti a parlare di ferie.
«Siamo ad aprile ed è ora di prenotare», aveva detto Donatella.
«Così almeno dovremmo riuscire a risparmiare qualcosa».
Sopraggiunte le nove e mezza, con un brusco e deciso calo delle temperature all'esterno, il canto del cigno di una perturbazione di origine atlantica, Flaminia e Claudio erano arrivati a punzecchiarsi in modo plateale, appiccicati uno all'altro sul divano di casa Valsecchi. Claudio aveva sentito il cuore battergli come un tamburo, circostanza sul quale s'era soffermato incuriosito, rivangando l'esperienza di sette anni prima, quando aveva conosciuto Donatella e con la quale di lì a poco sarebbe convolato a nozze. Certe manifestazioni fisiche sapeva bene che avevano su di lui il sopravvento solo in specifiche situazioni, tipo quella in cui si ha un contatto fisico con un corpo mai incontrato prima, dove le alchimie epidermiche trovano il terreno più fertile per consultarsi. Flaminia sembrava così disinvolta da provocare strane lune in Claudio che, pur divertendosi, sentiva che la cosa potesse sfuggirgli di mano. Solo ora percepiva con una punta di ansia che non era lontana l'ipotesi concreta di poter tradire la moglie e potersi fare la donna del suo più caro amico; in pratica, stava male. È vero che c'era stato un tacito accordo fra le parti. Ma lui, in fondo, non ci aveva mai creduto fino a quel momento, momento in cui l'appetito sessuale gli era cresciuto come alimentato da una benzina con un eccezionale numero di ottani. E se stava sbagliando tutto? All'improvviso s'era fatto serio, tornando al vecchio presentimento: e se Flaminia lo stava prendendo in giro, in combutta con gli altri due? Sarebbe stato terribile, ma era possibile, perché no? Un tiro mancino ordito dalle persone che aveva più care... No, non era possibile, stava farneticando, anche questo un modo per scaricare l'angoscia di una prima volta senza precedenti. Il ritorno alla normalità era stato favorito dal fatto che Flaminia era così conturbante da non poter resistere al suo richiamo d'amore - fittizio o meno che fosse - ora concentrato sul lobo del suo orecchio sinistro:
«Ora ce la prendiamo con il lobo?».
«Me lo fai assaggiare?».
«Come, scusa?».
«A Enea piace un sacco».
«Non so di cosa tu stia parlando».
«Parlo di questo…».
Flaminia s'era aggiustata con il busto, per poter volgere agevolmente il suo capo verso la parte alta della testa dell'amico e lì con le labbra mordicchiargli la plica cutanea più leggendaria del corpo umano, mandandolo definitivamente in estasi. Claudio aveva lasciato fare, conscio, però, del fatto che non sarebbe durata a lungo la sua quiescenza; alla prossima zona erogena le sarebbe saltato addosso come un toro in calore e poi lo sa solo il Signore ciò a cui sarebbe potuto andare incontro. Intanto, anche Enea e Donatella avevano amplificato la loro vicinanza affettiva, esplicando con malizia azioni non di certo rapportabili a scontate intenzioni amicali; la ragazza aveva infilato i suoi piedi sotto le cosce del partner estemporaneo, con la scusa di sentire un po' freddo e lui aveva acconsentito, felice di poter godere di un primo contatto fisico lungo e inaspettato. Continuavano, nel frattempo, a discorrere; ma avevano smesso di raccontarsi pareri in merito alle prossime vacanze. Ora erano sulla politica. Non erano dei grandi intenditori, ma in comune nutrivano una certa insofferenza nei riguardi dei militanti di sinistra. Della sinistra, in generale. Non sopportavano i radical chic, i mezzi intellettuali, tutto libri e filosofia, non sopportavano i comunisti, una parola che facevano fatica addirittura a pronunciare. Non apprezzavano, quindi, figure come Fabiano, il batterista/barista del terzo piano del condominio omatese e il signor Bettini del secondo piano, entrambi schierati non di certo con il Movimento Sociale. Sicché odiavano lo snobismo della sinistra, certe condotte moralistiche e quella sorta di grave solennità che pareva materializzarsi dalle figure più rappresentative del comunismo globale. Non erano iscritti a nessun partito, ma dovendo scegliere fra destra e sinistra non avevano dubbi; l'alternativa era la DC, ma figure come De Mita e Andreotti non riuscivano a mandarle giù: troppo flaccidi. E troppo mielosi. Le immagini televisive, contemporaneamente, proseguivano per la loro strada, su entrambi i fronti… Il caso Orlandi, però, non interessava minimamente ai due giovani dell'appartamento omatese; che avevano, dunque, pensato che fosse ora di cambiare canale. Claudio s'era alzato con un guizzo dal divano per assolvere l'incombenza, ma forse più ancora per smorzare la tensione accumulata dall'inaspettata azione di Flaminia, indirizzata al suo apparecchio acustico.
«Che guardiamo di bello?».
«Non so. Tu che dici?».
«Metto su Canale Cinque».
Flaminia era già oltre.
«Preferisci Dallas o Dynasty?».
«Dynasty non l'ho mai visto. Dallas mi piace».
«Ti piace Pamela Ewing?».
Era la moglie di Bobby, il buono e il bello della saga.
«Lo sapevi che ha avuto una storia con Frank Sinatra?».
«Ma non dire cazzate...».
«Te lo giuro. Nei primi anni Settanta. A quanto pare è stata anche con Steven Spielberg...».
«E chi sarebbe?».
«Sai il regista di ET?».
«Ah, il film sull'extraterrestre... bello quel film».
Poi Claudio era tornato al divano, ma accomodandosi, questa volta, s'era posizionato a mezzo metro dalla ragazza, sopraffatto da un nuovo senso di disagio. Flaminia l'aveva lasciato nel suo brodo, del tutto inconsapevole del patimento dell'amico, prima di riproporre il gioco dell'orecchio. Di là, invece, benché partiti in ritardo rispetto ai primi, erano ora più avanti degli altri due, con un atteggiamento decisamente provocatorio: Donatella aveva addirittura iniziato a baciare sul collo Enea, accarezzandogli nel frattempo i pettorali, che scopriva più in forma rispetto a quelli del marito, ormai lontano da qualunque idea di dedicarsi a uno sport, e in perenne lievitazione post-matrimoniale. S'era proposta come se fosse un banale e innocente passatempo, tuttavia Enea non l'aveva interpretato in tal senso; e aveva contraccambiato il favore facendo scivolare la sua mano lungo la coscia destra di Donatella che, percependo la prima azione disinibita del compagno, aveva emanato un gemito di piacere. Così avevano proseguito in tandem fino a mezzanotte, fra parole e gesti della medesima natura, prima di rendersi conto che il grande momento - quello di andare a letto insieme – era finalmente giunto. Claudio aveva spento la tv proponendo con un sorriso idiota a Flaminia di servirsi del bagno prima di lui; per l'occasione l'aveva pulito ben bene, cambiando gli asciugamani e spruzzando per il locale un afrodisiaco profumo, azione di cui, di solito, si faceva carico, non senza sbottare, la consorte. Il suo cuore aveva cominciato a battere di nuovo all'impazzata. La ragazza era uscita dal servizio indossando una camicia da notte mezza trasparente, che lasciava intravedere ogni cosa, compreso il perfetto ricamo sexy degli slip e... Claudio era stato scosso da un sussulto, notando i capezzoli di Flaminia che in tutto il loro fragore puntavano al suo cuore come un mitra.
«Beh, io vado a letto», aveva detto Flaminia, con un ghigno spregiudicato.
«Ti raggiungo», aveva ribattuto Claudio, muovendosi verso il bagno con la tremarella.
A letto avevano spento quasi subito la luce mantenendosi a una distanza sindacale: né troppo vicini, né troppo lontani. S'erano, pertanto, rimessi a parlare, domandandosi che cosa stessero combinando gli altri due. Domanda più che lecita. Ma i soci non si erano ancora mossi dal divano, sempre sintonizzati su Rai Uno, a volume bassissimo; illuminati esclusivamente dalle luci della notte che filtravano dalla finestra della sala, giacevano sdraiati uno di fianco all'altro, con gli occhi semichiusi, in religioso silenzio.
«C'è qualcosa che non va?», aveva chiesto Flaminia a Claudio, notando la rigidità del compagno.
«Non so. Tu credi che abbiano già fatto qualcosa?».
«Enea non è il tipo che sta lì tanto a guardare...».
«Dici?».
«Dico. Perché, ti dispiace?».
Claudio aveva aspettato un po' prima di rispondere.
«Non so».
A questo punto i piedi dei due ragazzi avevano cominciato a sfiorarsi prima di finire avvinghiati l'uno all'altro, in un abbraccio affezionato. Lo chiamavano l'abbraccio della “sedia”, quello in cui lei si dispone a S, perfettamente incuneata nella S anatomica di lui. Parafrasi, in sostanza, di ciò che stava avvenendo sull'altro fronte.
«Dormi?», aveva chiesto Donatella ad Enea.
«No, tu?».
«Nemmeno io».
«Stai bene?».
«Io sì, tu?».
«Benissimo».
«Pensi che se ci fossimo sposati saremmo potuti stare bene?».
«Penso di sì. A volte immagino che tu sia il completamento di Claudio».
«Cosa intendi dire?».
«Beh, tu e Claudio fusi insieme sareste perfetti... forse l'uomo ideale...».
La mattina dopo s'erano svegliati tutti e quattro con un sorriso splendente, rilassati e gioiosi come non capitava da tempo nelle rispettive case. Donatella aveva regalato un bacio affettuosissimo a Enea, e così aveva fatto Flaminia, pur ritrovandosi con il collo un po' indolenzito e il desiderio di abbandonarsi in una vasca per un bel bagno caldo. Enea aveva detto a Donatella che era bella, Claudio s'era messo a fare lo stupido con Flaminia, pizzicandole il sedere mentre si accingeva a preparare il caffè latte. Tutti e quattro non vedevano l'ora di riabbracciare i propri piccoli. Il parere sulla notte appena trascorsa era stato, dunque, unanime: una notte magnifica. E il pensiero collettivo del quartetto era andato agevolmente all'ipotesi di rifarne un'altra simile, anche se, come stabilito dal patto iniziale, non sarebbe stato possibile. Sicché la sera del 26, s'erano ridati appuntamento allo stesso tavolo felici come le mille altre volte che avevano cenato insieme. Dopo una nottata così particolare, però, nessuno se l'era sentita di cucinare qualcosa e all'unanimità avevano optato per la pizza, ordinata dal Gianni di Agrate, giudicato fra i migliori pizzaioli della zona. I due piccoli di casa, in pratica fratelli acquisiti, giocavano fra loro confrontandosi due nuovi peluche: l'orsacchiotto di Francesco e il cavallo di Davide; la televisione, sintonizzata su Rai Uno, era in procinto di trasmettere il telegiornale, un telegiornale inaspettatamente diverso dagli altri; Donatella, Flaminia, Claudio ed Enea si guardavano con aria titubante, senza, però, mostrare segni di cedimento o fastidio. Tutto era stato calcolato con grande precisione e ora sarebbe stato troppo tardi per mostrarsi pentiti. Ma il desiderio di sapere cosa avessero combinato a coppie incrociate era assolutamente vivo. La curiosità era soprattutto al femminile. Donatella fissava Flaminia con gli occhi semichiusi, chiedendosi se potesse aver soddisfatto il suo partner più di quanto lei fosse capace; questa cosa le avrebbe dato fastidio, più della consapevolezza di avere tradito e di essere stata tradita. Flaminia sorrideva all'amica con fare ammiccante, lasciandola nel dubbio, ma suggerendole che ciò che andava vaneggiando potesse essere vero. Era finita lì, per fortuna. I due maschi sembravano, invece, meno desiderosi di conoscere i risvolti della nottata brava, e come se niente fosse accaduto s'erano versati un bicchiere di birra. Frattanto partiva la raffica di notizie del tg. Una davvero fuori dagli schemi: quella dell'esplosione di un reattore nucleare a Chernobyl. Sigla.
«Buonasera, le conseguenze del disastro nucleare della centrale nucleare di Chernobyl, in Unione Sovietica, concentrano quasi totalmente l'attenzione di tutto il mondo. Le autorità di Mosca confermano che, al contrario di quanto detto da più parti, l'incidente ha fatto solo due morti, mentre quasi duecento sono le persone ricoverate in ospedale... A supporto delle comunicazioni ufficiali per la prima volta il telegiornale sovietico ha mostrato una fotografia (è questa che vi mostriamo) della centrale di Chernobyl scattata dopo la fusione del reattore. O forse sarebbe il caso di dire dopo la fusione del primo reattore, infatti fonti americane hanno dato per scontato che un secondo reattore ha seguito la stessa sorte, come confermerebbero le informazioni dei satelliti spia... (…). Secondo uno studioso tedesco le autorità sovietiche si troverebbero nelle prossime ore nella necessità di sgombrare l'intera popolazione di Kiev, la capitale dell'Ucraina che si trova a 130 chilometri dalla zona di Chernobyl...».
Claudio s'era ritrovato col bicchiere vuoto e senza parole. Enea lo aveva guardato con fare disgustato: da sempre era convinto che USA e URSS stessero armandosi in segreto per darsele di santa ragione e poter primeggiare sul mondo e quello, dal suo punto di vista, non era che una mossa segreta attuata dal governo americano per avviare lo sterminio del nemico.
«L'avevo detto io».
Claudio l'aveva guardato con gli occhi da pesce lesso.
«Porca puttana».
Le due ragazze, anch'esse sorprese dalla notizia, avevano smesso di inseguirsi con gli sguardi e s'erano accomodate al fianco dei rispettivi mariti. Non capitavano spesso notizie di un simile clamore. Dacché erano nate, l'ultimo evento che aveva significativamente sollecitato il loro immaginario (e quello di gran parte degli italiani) era stata la triste fine del piccolo Alfredino Rampi, precipitato a Vermincino in un pozzo artesiano, l'estate del 1981. Qualcosa, comunque, di totalmente diverso; anche perché, in questo caso, c'era di mezzo la loro incolumità. O almeno, questo è ciò che sembrava dalle indiscrezioni frammentarie dello speaker. Temevano soprattutto l'ipotesi che il veleno radioattivo potesse giungere anche in Italia; benché non comprendessero minimamente cosa si potesse definire con questo termine. Cos'era il veleno radioattivo? Non ne avevano mai sentito parlare. Né comprendevano il significato basilare di radioattività; sapevano solo che, parecchi anni prima, una certa madame Courie ne aveva a lungo discusso, ribaltando i paradigmi scientifici e ammalandosi proprio per essere stata troppo a lungo a contatto con gli elementi radioattivi. All'improvviso la loro esistenza s'era fatta piccola e così i fasti della notte appena trascorsa: paradossalmente non era più importante sapere cosa fosse successo nelle due improvvisate alcove; incredibilmente c'era qualcosa di ancora più significativo per il loro futuro. Qui c'era di mezzo l'intera umanità, davanti alla quale qualunque vicissitudine umana non poteva che farsi piccola e inconsistente. È ciò su cui s'erano singolarmente ritrovati a riflettere, mentre osservavano con spirito indagatore il reattore di Chernobyl squarciato dall'esplosione atomica, una specie di parallelepipedo grigio, scuro e angosciante. Avevano pensato anche ai figli: era forse il caso di non farli uscire per un po' di tempo? In casa tutto il giorno, però, cosa avrebbero fatto? E la verdura? Avrebbero ancora potuto dargliela? Donatella aveva preso la mano di Claudio e Flaminia quella di Enea; un gesto non pensato, ma carico di emotività. A tutti era sorto un piccolo dubbio: sarebbe stata la stessa cosa se le mani incontrate non fossero state quelle dei rispettivi mariti, ma quelle dei rispettivi... amanti?

Nessun commento:

Posta un commento