giovedì 26 giugno 2014

Ferragosto # 14


66.

«Salve Marengo», gridò Luciano Brioschi, vedendo il saggio della comunità uscire a passo spedito dal panettiere.
«Ciao Luciano», rispose il Marengo.
«Oggi giornata calda».
«Puoi ben dirlo, non finisce più».
Poi fu la volta di Giorgio Galbusera, infastidito da una ferita al piede con non ne voleva sapere di rimarginarsi.  
«Buongiorno Marengo», disse con voce flebile, in prossimità del confine meridionale del paese.
«Buongiorno Giorgio».
«Ancora niente di don Filippo?».
«Nulla, purtroppo».
Riuscì a evitare altri inaspettati incontri solo dopo avere superato il cippo più esterno del villaggio. Il sole era ormai alto, e la giornata, come le tante che l'avevano preceduta, si prospettava davvero incandescente. Complice l'umidità che in certi momenti toglieva letteralmente il respiro, facendo assomigliare il borgo a una sperduta landa equatoriale, così poco concepibile ai piedi del Resegone. Era anche il motivo per cui molti giovani riuscivano a svincolarsi dal lavoro prima del tempo, per poter raggiungere le acque del Molgora e rinfrescarsi con un tuffo. Un'abitudine che avevano tutti i buraghesi, dalla notte dei tempi; tanto radicata nell'immaginario collettivo che nessuno si lamentava se qualche giovane abbandonava per mezz'oretta i campi per un bagno rigenerante. Gli adulti non erano così fiscali come in altre realtà della zona, ma era meglio non esagerare. Anni prima un ragazzo che aveva ritardato oltre il dovuto, aveva saltato la cena per due sere di fila.
Lungo la sponda orientale del torrente, il Marengo ripensò a quella volta che con don Filippo aveva raggiunto Omate per parlare con il prete del posto. C'era in ballo una faccenda legata all'ipotesi di festeggiare insieme le sacre Quarantore, con una bella processione che si sarebbe dovuta snodare da una parte all'altra dei due borghi. Il Marengo era stato interpellato perché alla fine della cerimonia si desiderava l'intervento di uno dei personaggi più in vista della zona, capace con il suo intelletto e la sua cultura di raccontare il succo dell'importante momento religioso da un punto di vista laico, affrontando argomenti come la necessità di credere nonostante la consapevolezza della provvisorietà umana e delle fatiche di tutti i giorni.
Il Marengo cercò di rammentare come era andata la sua scompagnata con il sacerdote del paese ma non gli venne in mente nulla di particolare, o di utile a fare luce sulle indagini. Aveva cancellato le cose che si erano detti, e rendendosene conto s'intristì; ma la malinconia non durò molto. All'improvviso sentì una specie di urlo provenire da un lungo filare di canne di palude che copriva completamente la visuale sulla destra, formando una specie di muro vegetale, potenzialmente in grado di confondere anche un pachiderma. Incuriosito, tentò di avvicinarsi lentamente al margine del Molgora, scoprendo uno spettacolo del tutto inaspettato e imbarazzante: la Lina stava mostrando le sue grazie all'Ambrogino, due seni alti e robusti come solo una ragazzetta nel pieno della sua esuberanza fisica può mettere in mostra.
L'accidentale show procurò al Marengo un violento brivido, che gli percorse tutta la schiena, come il colpo mortale di un fulmine proveniente da un cielo plumbeo ed evanescente. Fu il primo a rimanerci male, rendendosi conto che, benché in là con gli anni, ancora non aveva imparato a domare le pulsioni sessuali e a rimanere freddo e distaccato di fronte a certi imperativi della carne. La verità è che non era un prete, e alla carne non aveva mai detto di no. Si vergognò, pertanto, della sua libidine, ma non poté fare a meno di soffermarsi in silenzio di fronte a quel siparietto osé. E per un attimo non disdegnò perfino l'idea di potersi trovare al posto del ragazzetto che ben conosceva.
L'Ambrogino compì la mossa successiva, mandando definitivamente in crisi l'anziano buraghese. Iniziò, infatti, ad accarezzare il busto della fidanzatina, per poi baciarle profusamente i seni e a infilare le mani qua e là come una piovra imbizzarrita.
Il Marengo prese a sudare freddo, finché non percepì una zolla di terra cedere sotto i suoi piedi, causando un suono roboante. Non sfuggì ai due giovanotti che immediatamente si ricomposero, fingendo di essere lì solo per guardare in aria e magari discutere di chissà quale argomento filosofico; la Lina si allarmò quel tanto che basta a farle agguantare la camicetta e coprire in fretta e furia le sue nudità, vivamente preoccupata che qualcuno potesse averla vista. 
«Cos'è stato?!», domandò all'Ambrogino.
Il ragazzo si alzò per vedere se c'era qualcosa che non andava, ma scoprì solo una lepre darsela a gambe, fra alcune sterpaglie appassite di luppolo.
«Niente di che», sorrise, tornando a pensare alla sua dolce metà e ai tanti misteri che ancora la circondavano.
Il Marengo impietrito, contratto, indietreggiò definitivamente per riguadagnare la strada maestra, con il cuore che batteva all'impazzata: aveva visto abbastanza, forse fin troppo.

67.

Incontrò sul suo cammino un merlo azzoppato e un riccio che attraversava il sentiero, passando da una barriera di rovi all'altra; un gatto selvatico lo fissò minaccioso fra i rami di un acero campestre, prima di correre verso l'ignoto e dargli modo di accorgersi che era già in prossimità della meta. Ne ebbe conferma udendo, all'improvviso, il fracasso sollevato da un tuffo, e dagli schiamazzi di gioia che lo seguirono. Era la voce di Calimero Biffi, la conosceva bene, un ragazzo che aveva avuto con sé anche durante la ricognizione in cerca di don Filippo. Il vocio si fece sempre più vivace, inoltrandosi lungo uno stretto e ripido sentiero.
Scoprì l'allegra comitiva di giovanotti superando il grosso platano dal quale si devia per muoversi verso il cavenaghese e raggiungere da sud il trezzese. Un nuovo brivido lo colse ripensando a ciò che aveva appena visto, e all'imbarazzo che forse, in futuro, avrebbe provato ritrovandosi a tu per tu con la Lina. Come avrebbe reagito di fronte ai suoi occhi, sapendo di averla vista completamente nuda? E l'Ambrogino? Pensò anche al giovane che, con tanta volontà, gli stava dando una mano per risolvere il caso e, di nuovo, provò nei suoi confronti un pizzico di invidia. Era un ragazzo in gamba, era giovane, e ora che aveva anche la fortuna di poter stringere fra le braccia una delle più belle fanciulle del paese, cosa poteva desiderare di più dalla vita? E invece lui, che aveva trascorso quasi tutta la giovinezza sui libri, si poteva dire altrettanto felice e soddisfatto? Con rammarico si disse che forse avrebbe potuto passare meno tempo sui libri, per dedicarsi alle gioie più comuni della vita, fra cui quelle, appunto, che solo una bella ragazza è in grado di confortare. Ma ormai, i giochi erano fatti. C'era ben poco da scherzare. La verità è che con le donne non era mai stato particolarmente scaltro. E forse anche per questo motivo aveva provato quel senso di profondo disagio, pochi istanti prima, innanzi a un'intimità che in vita sua non aveva mai vissuto.  
Non era un brutto uomo, anzi, ma aveva sempre avuto una grande difficoltà a palesare i propri sentimenti e, in particolare, con l'altro sesso, poteva davvero dirsi una frana. Sapeva tutto di tutto e tutti, ma le donne erano il suo punto debole. Eccelleva in ogni campo, era forte e coraggioso, ma forse per il troppo pudore non si era mai lasciato andare, perdendo ogni occasione di crearsi una famiglia, fare dei figli, abbracciare una donna, coccolarla, vivere con lei sogni e speranze. Di avere una famiglia, del resto, non ci aveva mai pensato seriamente, ma di dividere il letto con una compagna, indubbiamente sì. Eppure le cose erano andate sempre al contrario, e adesso c'era ben poco da fare per cambiare il corso del destino, se non a costo di rendersi ridicolo. La Lina poteva essere sua nipote. E certo non si sarebbe innamorato di una coetanea, con tutti i problemi che una sessantenne può portarsi dietro. Figuriamoci di donne come la perpetua, dove, paradossalmente, il problema dell'età, avrebbe potuto essere il più marginale.
Cercò, dunque, di scacciare tutti questi pensieri tornando a concentrarsi sulla faccenda di don Filippo, che guarda caso riguardava proprio l'atipico e forse malato rapporto fra un adulto e un'adolescente. Cosa  era venuto in mente a don Filippo di cacciarsi in un guaio del genere? Se lui stesso, da sempre, era stato in grado di tenere a bada le pulsioni sessuali, com'era possibile che un prete non fosse stato capace di fare altrettanto? Non ci credeva, non si capacitiva. Ma forse confrontandosi con l'Agnese avrebbe potuto risolvere molti suoi dubbi. Forse. In ogni caso il suo scopo era soprattutto un altro: capire se ci poteva essere un legame fra la tresca e i periodici incontri fra il curato e i misteriosi guappi che lo punzecchiavano per sottrargli nuove somme.

68.

Lungo la riva riconobbe gran parte dei ragazzi. C'era il Giannino, fra quelli che facevano più chiasso; Andrea Brambilla, Roberto Stucchi, Emanuele Oggioni, Calimero Biffi, Felice Galbiati; la figlia della Mariani, la nipote del Cereda… e naturalmente c'era lei, l'Agnese, il motivo per cui si trovava lì, come un mendico desideroso di un po’ di riposo. La ragazza pareva fra le più indiavolate e si buttava in acqua con grande spregiudicatezza. Indossava un abito corto, a malapena superava il ginocchio; il Marengo lo associò immediatamente a don Filippo, e si chiese se anche il prete aveva provato a vederla così, fresca, giovane, sconvolgente. Andò oltre, vagamente perverso, immaginando fra i due una scena spinta, nella quale il curato glielo levava del tutto per sedare la sua voglia di possederla. Storse le labbra, disgustato. Ma non ci mise molto a ritrovare se stesso, e a giustificare, in fondo, don Filippo, ripensando a ciò che aveva appena visto, e dunque anche alla propria umanissima debolezza interiore, su cui non si era mai soffermato. Si chiese peraltro come si sarebbe comportato lui al posto del sacerdote, con una suadente ragazzina pronta a donare ogni parte di sé. Non doveva essere stato facile per entrambi. L'argomento era davvero delicato e andava preso con le pinze.
Continuò, comunque, a elucubrare sulla faccenda e alla fine si convinse che lui non avrebbe ceduto, benché comprendesse l'inevitabilità di doversi trovare a vivere in prima persona certe situazioni per poter affermare con certezza di essere tanto forti da resistere a qualunque tentazione. Arrivò perfino alle sacre scritture, interrogando la volta in cui lo stesso Gesù fu tentato, e vacillò, quando si trovò a vagabondare per il deserto, dopo essere stato battezzato. La verità è che nessuno può essere indifferente alla carne, dato che l'uomo è tarato proprio per questo scopo: riprodursi.
«Ragazzi c'è il Marengo», urlò il Giannino, distogliendo l'uomo dalle sue faticose riflessioni.  
Il saggio del villaggio non fu felice della calda accoglienza e si sentì fuori luogo. Ebbe un capogiro, che vinse allargando leggermente le gambe, e cercando un nuovo equilibrio.  
«Marengo! Venga a fare un tuffo con noi!», continuarono i ragazzi.
L'uomo li squadrò malamente, insofferente, spiegandosi in modo rocambolesco, perdendo tutta la sua naturale eleganza.
«Non ci penso nemmeno!», gridò.
Era tuttavia un bel punto per fare il bagno, nell'angolo in cui una piccola cascatella, di poco in anticipo sul ponte omatese, creava una pozza sufficientemente ampia per potersi scontrare con la refrigerante massa d'acqua in movimento. Un punto che, peraltro, conosceva molto bene, dove c'era stato centinaia di volte, non solo per mitigare l'arsura, ma anche per controllare il regolare corso del torrente, non sempre felice di scorrere fra i suoi argini.
I ragazzi si buttarono l'uno dopo l'altro, quasi a voler dimostrare al Marengo quanto fossero abili a sguazzare fra i flutti.
«Dai Marengo! Forza!», berciò il timido Andrea Brambilla, con una specie di costume di lana, che ricordava i mutandoni invernali.
L'uomo scosse la testa affranto, maledicendo tutta quella cagnara.
«Non sono venuto qui per fare un bagno», mugugnò.
Ma nessuno lo sentì.
I giovani andarono avanti per la loro strada, divertendosi e strepitando come avevano fatto fino a quel momento. Non fu, dunque, facile per il Marengo trovare il momento propizio per richiamare a sé l'attenzione dell'Agnese.

69.

«Salve Marengo».
Il tanto temuto incontro si verificò molto prima del previsto. Alle spalle del saggio della comunità si materializzarono, infatti, l'Ambrogino e la Lina. L'uomo, preso alla sprovvista, non ebbe nemmeno il tempo di ragionare sul da farsi e il suo occhio cadde maldestramente sui capezzoli turgidi della ragazza, che picchiavano sulla camicetta lasciando intravedere tutto. Divenne rosso come un peperone, ma per sua fortuna nessuno dei due giovani lo notò.
«Che ci fa da queste parti?», incalzò la coppia, sorpresa dalla presenza del Marengo.
L'uomo sempre più irriconoscibile e imbranato abbozzò una risposta frammentaria.
«Devo sbrigare una faccenda».
I ragazzi lo guardarono stupiti, non avendolo mai visto così impacciato e non comprendendo la sua cripticità.
«Marengo, si sente bene?».
«Credo di sì», disse l'uomo, compiendo un passo indietro per cercare un po’ di ombra.
«Dai andiamo», sussurrò la Lina alle orecchie dell'Ambrogino, impaziente di poter raggiungere gli altri in acqua e del tutto disinteressata alla sorte dell'anziano buraghese.
«Allora Marengo, se non le serve altro, la salutiamo», disse gentilmente, l'Ambrogino.
«Una cosa mi servirebbe, per la verità», sentenziò il Marengo, superando l'empasse e riacquistando la sua solita credibilità.   
Fece cenno al ragazzo di lasciare libera la Lina di raggiungere gli altri, così da potergli parlare in segreto.
L'Ambrogino capì al volo.
«Va pure, Lina, arrivo subito».
«Ciao, ciao», disse la giovane, inconsapevole degli interessi fra i due compaesani.
«Hai visto chi c'è?», domandò il Marengo.
Il ragazzo non aveva ancora fatto caso all'Agnese e del resto non aveva nemmeno pensato a lei. Ma la vide sollecitato da un movimento brusco del mento del Marengo, mentre stava prendendo per i fondelli Andrea Brambilla, gridandogli "Andrea Brambilla faccia da camomilla".
«Porca vacca», esclamò l'Ambrogino.
Il Marengo annuì.
«Ecco perché è qui».
«Silenzio, fai silenzio. Non hai spifferato nulla, vero?».
«Muto come una tomba, Marengo, gliel'ho detto che si può fidare di me».
«Bravissimo».
L'Ambrogino strabuzzò gli occhi e inarcò le sopracciglia ribadendo tutto il suo stupore.
«Glielo dici tu? Io non credo di poter infilarmi in quella bolgia».
«Dirle cosa?».
«Che devo parlare con lei».
Per un attimo l'Ambrogino rimase interdetto, incapace di mettere in relazione la difficoltà del Marengo con la reale situazione che, di fatto, non mostrava alcun pericolo. Gli parve impossibile che un uomo della statura del saggio della comunità potesse trovarsi infastidito da tanti giovani con abiti semplicemente un po’ più succinti del solito. E invece era proprio così. Si meravigliò di scoprire questo lato debole del Marengo, ma la cosa non lo indispose, anzi: fu felice di sapere che, in fondo, anche lui era un uomo come tutti gli altri, con le sue passioni e i suoi desideri.
«Ci penso io, Marengo, non si muova da qui».
«Ambrogino».
«Dica».
«Sii discreto, non è il caso che sappiano tutti».
L'Ambrogino si espresse con un vago sorriso e si fiondò dall'amica.

70.

«Andrea Brambilla, faccia da camomilla».
«Agnese!», gridò l'Ambrogino.
«Andrea Brambilla, faccia da camomilla».
«Ti prendo e ti ammazzo», reclamò il destinatario degli sfottò, ma la ragazza fu così rapida e abile fra i flutti che il povero Andrea non impensierì minimamente le sue mosse.  
«Agnese!», tornò a berciare l'Ambrogino.
Non ebbe di nuovo risposta e si convinse che ci fosse un solo modo per sedare l'esuberanza dell'amica: atterrarla e costringerla a starlo ad ascoltare.
L'Agnese compì una brusca virata in corrispondenza di un punto in cui le acque raggiungevano il metro di altezza, ma non fu in grado di divincolarsi dall'attacco forsennato dell'Ambrogino.
«Che fai!», esclamò contrariata.
«Mi vuoi stare a sentire?», domandò l'Ambrogino, mentre il resto degli amici continuava a sguazzare, tutti felici e beati fra le piccole onde del torrente.
«Inizia a tenere giù le mani».
Si accorse la Lina dell'alterco fra i due, e lanciò un'occhiata furente allo spasimante.
L'Ambrogino cercò con uno sguardo accigliato di rassicurarla, ma la cosa andò in porto solo quando vide in cima alla scarpata il Marengo che le faceva intuire che il fidanzato stava agendo per un suo ordine.
«Ti devo dire una cosa molto importante».
L'Agnese si acquietò notando la severità dell'amico.
«Il Marengo ti vuole parlare».
«A me? Ma stai scherzando?»
«Non sto scherzando. Lo vedi lassù?».
Insieme si girarono verso l'uomo che li rincuorò con un sorriso.
«Ma che vuole da me?».
«Non ti preoccupare, tu dammi retta. E' venuto qui apposta».
L'Agnese corrucciò la fronte, tormentata da questa stranissima richiesta. Sapeva benissimo chi fosse il Marengo, e dell'amicizia che lo legava al padre, tuttavia non riuscì proprio a immaginare cosa c'entrasse lei con il più importante uomo del villaggio.
«Allora vado?», mugugnò, quasi impaurita.
«Certo, continueremo domani a divertirci con l'acqua. Vai tranquilla».
L'Agnese annuì e con molta meno foga di quando era arrivata fin lì, cercò la riva per raggiungere il Marengo.
«Ah, maledetta».
Andrea Brambilla, inconsapevole di ogni cosa, l'aveva stretta alle spalle per vendicarsi delle prese per i fondelli patite.   
«Finalmente ti ho catturata. Lo dici ancora che ho la faccia da camomilla?».
E mentre glielo domandava le affondava la faccia nel torrente.
«No, ti prego!», tartagliò la ragazza.
Agnese che aveva rimosso ogni cosa, sopraffatta da una visita del tutto inaspettata, non comprese la reazione bellicosa dell'amico e si spaventò a morte.
«Allora, mi prendi ancora in giro?», continuò il giovane.
«Lasciala stare», ordinò l'Ambrogino, corso in aiuto dell'amica. «Andrea, ascoltami, adesso non è il caso di andare avanti a scherzare».
«Infatti non sto scherzando. Lei…».
Non finì la frase.
«Adesso basta! Agnese, vieni subito qui!».

Al vocio potente e autorevole del Marengo tutti i ragazzi zittirono e lungo il corso del torrente calò uno strano silenzio. All'unanimità si chiesero cosa stesse succedendo, ma l'Ambrogino, come aveva promesso al saggio del villaggio, continuò a rimanere muto come una tomba. 

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