GMF
sta per Gian Matteo Ferrario. Non si sa molto di questo personaggio,
ma è del tutto prevedibile la sua origine agratese, per via di un
cognome tipico delle nostre lande. Le ricostruzioni biografiche
riferiscono della nascita di Gian Matteo nel 1398: il suo vero nome,
però, è Matteo de Gradi (vecchio nome di Agrate), in virtù
dell'utilizzo del latinus vulgaris, che “pretende” la citazione
dell'origine geografica di qualunque figura appartenente a una
famiglia di spicco. Ma è, paradossalmente, per via di questo
nominativo che si creano confusioni, portando alcuni biografi a
riferire di un Gian Matteo proveniente da Grado, località friulana,
che non ha nulla a che vedere con Agrate, né con il personaggio
brianzolo, storicamente accertato. Diventa medico e presta il suo
servizio presso l'Università di Pavia; cura la duchessa Bianca Maria
Sforza, secondogenita del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza e di
Bona di Savoia, forse ammalata di anoressia, e molti altri nobili del
tempo. Si dedica totalmente alla professione, al punto da rinunciare
a farsi una famiglia, prendere moglie e mettere al mondo dei figli.
Ma ha un nipote, Matteo, al quale è molto legato, che erediterà il
suo sapere e la sua vocazione. Alla professione di medico affianca
quella di provetto anatomista, disciplina condivisa da Leonardo Da
Vinci, prevedibilmente al fianco di Bianca Maria Sforza nel suo
viaggio verso il Tirolo, quale sposa di Massimiliano I d'Asburgo. Dà
alle stampe vari volumi di anatomia che conquistano anche la Francia
e l'Inghilterra, altresì diffondendo in Europa la sua fama. Negli
ultimi anni di vita si avvicina alla medicina araba di Averroe, (nome
latinizzato di Abul Walid Mohammad Ibn Rushd) e Avicenna (Abu Ali
al-husain ibn-Sina), due giganti della scienza medica del nuovo
millennio. Gian Matteo va avanti a studiare per decenni, spegnendosi
nel 1496, ormai prossimo al compimento del centesimo anno di età.
GMF immagina, dunque, il giorno in cui Gian Matteo lascia Agrate per
Pavia e per servire la corte degli Sforza. Si può pensare a un
giorno qualunque compreso fra il 1416 e il 1425, con un paese ben
diverso da quello odierno, caratterizzato perlopiù da case in legno
che non reggono per più di una generazione. Il baricentro del borgo
è spostato verso la chiesetta di Santa Maria, dove vengono officiate
le funzioni eucaristiche più importanti: la piazza sant'Eusebio non
esiste, c'è solo una cappelletta a rappresentare il futuro cuore
della comunità; semmai, come alternativa a Santa Maria, si fa
riferimento alla chiesetta di San Donnino, oggi completamente
scomparsa, probabilmente presente lungo l'antica arteria che
collegava Agrate alla Monza-Melzo. Il paese è in festa e Gian Matteo
Ferrario, al suono delle campane, saluta la madre e i familiari con i
suoi “ferri del mestiere” per un'avventura umana e professionale
straordinaria, che ancora oggi risuona nell'animo degli agratesi: non
per niente gli è stata dedicata una via, per secoli la più
importante contrada del paese.
GMF la domenica mattina
Che belli gli occhi di una donna che cammina
Suonano le campane perché domattina
È l'ora di partire
E l'ora di partire è un po’ come morire
Ma non l'avessi mai saputo è questo il mio mestiere
Curare il fegato, curare le indisposizioni
Della gente
RIT. Io sono un medico, un po’ dispotico, ma non nevrotico
Probabilmente vivo la mia professione, con gran passione e versatilità
Io sono un pratico, un diplomatico, benché antipatico
Probabilmente vivo nella convinzione, della ragione senza arbitrarietà
GMF brilla il fuoco di un camino
Arrivederci mamma, parto col sorriso
Parto con le pinze, e pure il bisturi
E l'anestetico
E un giorno col mio nome chiameranno la via
Via Gian Matteo Ferrario suona già poesia
Evviva Carlo IV e l'università
Di Pavia
RIT. Io sono un medico, un po’ dispotico, ma non nevrotico
Probabilmente vivo la mia professione, con gran passione e versatilità
Io sono un pratico, un cibernetico, benché antipatico
Probabilmente vivo nella convinzione, della ragione senza arbitrarietà
GMF non sono solo benestanti
Bianca Maria Sforza è solo una fra i tanti
Ci vuol coraggio, ci vuol tanta disciplina
Per non cadere
E la malaria non è l'unica sconfitta
Ci sono dolori che la storia non comprende
Ci sono piaceri che non possono durare
Per l'eternità
RIT. Io sono un medico, un po’ dispotico, ma non nevrotico
Probabilmente vivo la mia professione, con gran passione e versatilità
Io sono un pratico, un matematico, benché antipatico
Probabilmente vivo nella convinzione, della ragione senza arbitrarietà
2011
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