Respirare l'aria dei signorotti milanesi del Settecento e dell'Ottocento non è male. Ma quando qualcuno scriverà un bel libro sulle case e le abitudini dei contadini dei secoli passati? Questo libro di Sellerio è molto interessante, ma è concentrato troppo sul Duomo e sul Cenacolo e, dunque, indirettamente, sull'intellighenzia dell'epoca che ruotava intorno a essi. Sembra che tutti quelli che venivano dalle nostre parti un tempo, lo facessero solo per visitare questi due angoli della città: Oscar Wilde, Jules Verne, Charles Dickens, Melville... E tutto il resto? E le sorgenti del Molgora? Perché viene sempre e solo dato spazio agli aspetti più sfarzosi di una metropoli e non a quelli più miseri, dove dovrebbe nascondersi la vera vita, quella comune, quella di tutti i giorni? Cosa mangiavano i contadini prima che arrivasse il mais? Di cosa si ammalavano? Come venivano curati? Com'erano i primi giorni di convivenza dopo un matrimonio? Come si passava il tempo libero? In compenso sappiamo tutto dei soliti Sforza, Visconti e Papi vari... Tanto per capirci è uscito un nuovo libro anche per Longanesi, “Un italiano diverso”. Parla della vita di Matteotti. In realtà di Matteotti non m'è interessato quasi nulla. Mi sono, però, soffermato sui primi capitoli godendo di una bella descrizione, nuda e cruda dei paesini del Polesine, di cui mai nessuno, tantomeno un celebre autore, s'è mai occupato. È qui che viene fuori il bello, il vero senso delle cose, l'intimità della storia, altroché i libri come “Virus B”.
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