66.
«Salve Marengo»,
gridò Luciano Brioschi, vedendo il saggio della comunità uscire a passo spedito
dal panettiere.
«Ciao Luciano»,
rispose il Marengo.
«Oggi giornata
calda».
«Puoi ben dirlo,
non finisce più».
Poi fu la volta
di Giorgio Galbusera, infastidito da una ferita al piede con non ne voleva
sapere di rimarginarsi.
«Buongiorno
Marengo», disse con voce flebile, in prossimità del confine meridionale del
paese.
«Buongiorno
Giorgio».
«Ancora niente
di don Filippo?».
«Nulla,
purtroppo».
Riuscì a evitare
altri inaspettati incontri solo dopo avere superato il cippo più esterno del villaggio.
Il sole era ormai alto, e la giornata, come le tante che l'avevano preceduta,
si prospettava davvero incandescente. Complice l'umidità che in certi momenti
toglieva letteralmente il respiro, facendo assomigliare il borgo a una sperduta
landa equatoriale, così poco concepibile ai piedi del Resegone. Era anche il
motivo per cui molti giovani riuscivano a svincolarsi dal lavoro prima del tempo,
per poter raggiungere le acque del Molgora e rinfrescarsi con un tuffo. Un'abitudine
che avevano tutti i buraghesi, dalla notte dei tempi; tanto radicata
nell'immaginario collettivo che nessuno si lamentava se qualche giovane
abbandonava per mezz'oretta i campi per un bagno rigenerante. Gli adulti non
erano così fiscali come in altre realtà della zona, ma era meglio non
esagerare. Anni prima un ragazzo che aveva ritardato oltre il dovuto, aveva
saltato la cena per due sere di fila.
Lungo la sponda
orientale del torrente, il Marengo ripensò a quella volta che con don Filippo
aveva raggiunto Omate per parlare con il prete del posto. C'era in ballo una
faccenda legata all'ipotesi di festeggiare insieme le sacre Quarantore, con una
bella processione che si sarebbe dovuta snodare da una parte all'altra dei due
borghi. Il Marengo era stato interpellato perché alla fine della cerimonia si
desiderava l'intervento di uno dei personaggi più in vista della zona, capace
con il suo intelletto e la sua cultura di raccontare il succo dell'importante
momento religioso da un punto di vista laico, affrontando argomenti come la
necessità di credere nonostante la consapevolezza della provvisorietà umana e
delle fatiche di tutti i giorni.
Il Marengo cercò
di rammentare come era andata la sua scompagnata con il sacerdote del paese ma
non gli venne in mente nulla di particolare, o di utile a fare luce sulle
indagini. Aveva cancellato le cose che si erano detti, e rendendosene conto
s'intristì; ma la malinconia non durò molto. All'improvviso sentì una specie di
urlo provenire da un lungo filare di canne di palude che copriva completamente
la visuale sulla destra, formando una specie di muro vegetale, potenzialmente
in grado di confondere anche un pachiderma. Incuriosito, tentò di avvicinarsi
lentamente al margine del Molgora, scoprendo uno spettacolo del tutto
inaspettato e imbarazzante: la Lina stava mostrando le sue grazie
all'Ambrogino, due seni alti e robusti come solo una ragazzetta nel pieno della
sua esuberanza fisica può mettere in mostra.
L'accidentale
show procurò al Marengo un violento brivido, che gli percorse tutta la schiena,
come il colpo mortale di un fulmine proveniente da un cielo plumbeo ed
evanescente. Fu il primo a rimanerci male, rendendosi conto che, benché in là
con gli anni, ancora non aveva imparato a domare le pulsioni sessuali e a
rimanere freddo e distaccato di fronte a certi imperativi della carne. La
verità è che non era un prete, e alla carne non aveva mai detto di no. Si
vergognò, pertanto, della sua libidine, ma non poté fare a meno di soffermarsi
in silenzio di fronte a quel siparietto osé. E per un attimo non disdegnò
perfino l'idea di potersi trovare al posto del ragazzetto che ben conosceva.
L'Ambrogino
compì la mossa successiva, mandando definitivamente in crisi l'anziano
buraghese. Iniziò, infatti, ad accarezzare il busto della fidanzatina, per poi
baciarle profusamente i seni e a infilare le mani qua e là come una piovra
imbizzarrita.
Il Marengo prese
a sudare freddo, finché non percepì una zolla di terra cedere sotto i suoi
piedi, causando un suono roboante. Non sfuggì ai due giovanotti che
immediatamente si ricomposero, fingendo di essere lì solo per guardare in aria
e magari discutere di chissà quale argomento filosofico; la Lina si allarmò
quel tanto che basta a farle agguantare la camicetta e coprire in fretta e
furia le sue nudità, vivamente preoccupata che qualcuno potesse averla
vista.
«Cos'è stato?!»,
domandò all'Ambrogino.
Il ragazzo si alzò
per vedere se c'era qualcosa che non andava, ma scoprì solo una lepre darsela a
gambe, fra alcune sterpaglie appassite di luppolo.
«Niente di che»,
sorrise, tornando a pensare alla sua dolce metà e ai tanti misteri che ancora
la circondavano.
Il Marengo
impietrito, contratto, indietreggiò definitivamente per riguadagnare la strada
maestra, con il cuore che batteva all'impazzata: aveva visto abbastanza, forse
fin troppo.
67.
Incontrò sul suo
cammino un merlo azzoppato e un riccio che attraversava il sentiero, passando
da una barriera di rovi all'altra; un gatto selvatico lo fissò minaccioso fra i
rami di un acero campestre, prima di correre verso l'ignoto e dargli modo di
accorgersi che era già in prossimità della meta. Ne ebbe conferma udendo,
all'improvviso, il fracasso sollevato da un tuffo, e dagli schiamazzi di gioia
che lo seguirono. Era la voce di Calimero Biffi, la conosceva bene, un ragazzo
che aveva avuto con sé anche durante la ricognizione in cerca di don Filippo. Il
vocio si fece sempre più vivace, inoltrandosi lungo uno stretto e ripido
sentiero.
Scoprì l'allegra
comitiva di giovanotti superando il grosso platano dal quale si devia per
muoversi verso il cavenaghese e raggiungere da sud il trezzese. Un nuovo
brivido lo colse ripensando a ciò che aveva appena visto, e all'imbarazzo che
forse, in futuro, avrebbe provato ritrovandosi a tu per tu con la Lina. Come
avrebbe reagito di fronte ai suoi occhi, sapendo di averla vista completamente
nuda? E l'Ambrogino? Pensò anche al giovane che, con tanta volontà, gli stava
dando una mano per risolvere il caso e, di nuovo, provò nei suoi confronti un
pizzico di invidia. Era un ragazzo in gamba, era giovane, e ora che aveva anche
la fortuna di poter stringere fra le braccia una delle più belle fanciulle del
paese, cosa poteva desiderare di più dalla vita? E invece lui, che aveva
trascorso quasi tutta la giovinezza sui libri, si poteva dire altrettanto
felice e soddisfatto? Con rammarico si disse che forse avrebbe potuto passare
meno tempo sui libri, per dedicarsi alle gioie più comuni della vita, fra cui
quelle, appunto, che solo una bella ragazza è in grado di confortare. Ma ormai,
i giochi erano fatti. C'era ben poco da scherzare. La verità è che con le donne
non era mai stato particolarmente scaltro. E forse anche per questo motivo
aveva provato quel senso di profondo disagio, pochi istanti prima, innanzi a
un'intimità che in vita sua non aveva mai vissuto.
Non era un brutto
uomo, anzi, ma aveva sempre avuto una grande difficoltà a palesare i propri
sentimenti e, in particolare, con l'altro sesso, poteva davvero dirsi una
frana. Sapeva tutto di tutto e tutti, ma le donne erano il suo punto debole.
Eccelleva in ogni campo, era forte e coraggioso, ma forse per il troppo pudore
non si era mai lasciato andare, perdendo ogni occasione di crearsi una
famiglia, fare dei figli, abbracciare una donna, coccolarla, vivere con lei
sogni e speranze. Di avere una famiglia, del resto, non ci aveva mai pensato
seriamente, ma di dividere il letto con una compagna, indubbiamente sì. Eppure
le cose erano andate sempre al contrario, e adesso c'era ben poco da fare per
cambiare il corso del destino, se non a costo di rendersi ridicolo. La Lina
poteva essere sua nipote. E certo non si sarebbe innamorato di una coetanea,
con tutti i problemi che una sessantenne può portarsi dietro. Figuriamoci di donne
come la perpetua, dove, paradossalmente, il problema dell'età, avrebbe potuto essere
il più marginale.
Cercò, dunque,
di scacciare tutti questi pensieri tornando a concentrarsi sulla faccenda di
don Filippo, che guarda caso riguardava proprio l'atipico e forse malato
rapporto fra un adulto e un'adolescente. Cosa era venuto in mente a don Filippo di cacciarsi
in un guaio del genere? Se lui stesso, da sempre, era stato in grado di tenere
a bada le pulsioni sessuali, com'era possibile che un prete non fosse stato
capace di fare altrettanto? Non ci credeva, non si capacitiva. Ma forse
confrontandosi con l'Agnese avrebbe potuto risolvere molti suoi dubbi. Forse.
In ogni caso il suo scopo era soprattutto un altro: capire se ci poteva essere
un legame fra la tresca e i periodici incontri fra il curato e i misteriosi
guappi che lo punzecchiavano per sottrargli nuove somme.
68.
Lungo la riva
riconobbe gran parte dei ragazzi. C'era il Giannino, fra quelli che facevano
più chiasso; Andrea Brambilla, Roberto Stucchi, Emanuele Oggioni, Calimero
Biffi, Felice Galbiati; la figlia della Mariani, la nipote del Cereda… e naturalmente
c'era lei, l'Agnese, il motivo per cui si trovava lì, come un mendico
desideroso di un po’ di riposo. La ragazza pareva fra le più indiavolate e si
buttava in acqua con grande spregiudicatezza. Indossava un abito corto, a
malapena superava il ginocchio; il Marengo lo associò immediatamente a don
Filippo, e si chiese se anche il prete aveva provato a vederla così, fresca,
giovane, sconvolgente. Andò oltre, vagamente perverso, immaginando fra i due
una scena spinta, nella quale il curato glielo levava del tutto per sedare la
sua voglia di possederla. Storse le labbra, disgustato. Ma non ci mise molto a
ritrovare se stesso, e a giustificare, in fondo, don Filippo, ripensando a ciò
che aveva appena visto, e dunque anche alla propria umanissima debolezza
interiore, su cui non si era mai soffermato. Si chiese peraltro come si sarebbe
comportato lui al posto del sacerdote, con una suadente ragazzina pronta a donare
ogni parte di sé. Non doveva essere stato facile per entrambi. L'argomento era
davvero delicato e andava preso con le pinze.
Continuò,
comunque, a elucubrare sulla faccenda e alla fine si convinse che lui non
avrebbe ceduto, benché comprendesse l'inevitabilità di doversi trovare a vivere
in prima persona certe situazioni per poter affermare con certezza di essere
tanto forti da resistere a qualunque tentazione. Arrivò perfino alle sacre
scritture, interrogando la volta in cui lo stesso Gesù fu tentato, e vacillò, quando
si trovò a vagabondare per il deserto, dopo essere stato battezzato. La verità
è che nessuno può essere indifferente alla carne, dato che l'uomo è tarato proprio
per questo scopo: riprodursi.
«Ragazzi c'è il
Marengo», urlò il Giannino, distogliendo l'uomo dalle sue faticose riflessioni.
Il saggio del
villaggio non fu felice della calda accoglienza e si sentì fuori luogo. Ebbe un
capogiro, che vinse allargando leggermente le gambe, e cercando un nuovo
equilibrio.
«Marengo! Venga
a fare un tuffo con noi!», continuarono i ragazzi.
L'uomo li squadrò
malamente, insofferente, spiegandosi in modo rocambolesco, perdendo tutta la
sua naturale eleganza.
«Non ci penso
nemmeno!», gridò.
Era tuttavia un
bel punto per fare il bagno, nell'angolo in cui una piccola cascatella, di poco
in anticipo sul ponte omatese, creava una pozza sufficientemente ampia per
potersi scontrare con la refrigerante massa d'acqua in movimento. Un punto che,
peraltro, conosceva molto bene, dove c'era stato centinaia di volte, non solo
per mitigare l'arsura, ma anche per controllare il regolare corso del torrente,
non sempre felice di scorrere fra i suoi argini.
I ragazzi si
buttarono l'uno dopo l'altro, quasi a voler dimostrare al Marengo quanto
fossero abili a sguazzare fra i flutti.
«Dai Marengo!
Forza!», berciò il timido Andrea Brambilla, con una specie di costume di lana,
che ricordava i mutandoni invernali.
L'uomo scosse la
testa affranto, maledicendo tutta quella cagnara.
«Non sono venuto
qui per fare un bagno», mugugnò.
Ma nessuno lo
sentì.
I giovani
andarono avanti per la loro strada, divertendosi e strepitando come avevano
fatto fino a quel momento. Non fu, dunque, facile per il Marengo trovare il
momento propizio per richiamare a sé l'attenzione dell'Agnese.
69.
«Salve Marengo».
Il tanto temuto
incontro si verificò molto prima del previsto. Alle spalle del saggio della
comunità si materializzarono, infatti, l'Ambrogino e la Lina. L'uomo, preso
alla sprovvista, non ebbe nemmeno il tempo di ragionare sul da farsi e il suo
occhio cadde maldestramente sui capezzoli turgidi della ragazza, che
picchiavano sulla camicetta lasciando intravedere tutto. Divenne rosso come un
peperone, ma per sua fortuna nessuno dei due giovani lo notò.
«Che ci fa da
queste parti?», incalzò la coppia, sorpresa dalla presenza del Marengo.
L'uomo sempre
più irriconoscibile e imbranato abbozzò una risposta frammentaria.
«Devo sbrigare
una faccenda».
I ragazzi lo
guardarono stupiti, non avendolo mai visto così impacciato e non comprendendo
la sua cripticità.
«Marengo, si
sente bene?».
«Credo di sì»,
disse l'uomo, compiendo un passo indietro per cercare un po’ di ombra.
«Dai andiamo»,
sussurrò la Lina alle orecchie dell'Ambrogino, impaziente di poter raggiungere
gli altri in acqua e del tutto disinteressata alla sorte dell'anziano
buraghese.
«Allora Marengo,
se non le serve altro, la salutiamo», disse gentilmente, l'Ambrogino.
«Una cosa mi
servirebbe, per la verità», sentenziò il Marengo, superando l'empasse e
riacquistando la sua solita credibilità.
Fece cenno al
ragazzo di lasciare libera la Lina di raggiungere gli altri, così da potergli
parlare in segreto.
L'Ambrogino capì
al volo.
«Va pure, Lina, arrivo
subito».
«Ciao, ciao»,
disse la giovane, inconsapevole degli interessi fra i due compaesani.
«Hai visto chi
c'è?», domandò il Marengo.
Il ragazzo non
aveva ancora fatto caso all'Agnese e del resto non aveva nemmeno pensato a lei.
Ma la vide sollecitato da un movimento brusco del mento del Marengo, mentre
stava prendendo per i fondelli Andrea Brambilla, gridandogli "Andrea
Brambilla faccia da camomilla".
«Porca vacca»,
esclamò l'Ambrogino.
Il Marengo
annuì.
«Ecco perché è
qui».
«Silenzio, fai
silenzio. Non hai spifferato nulla, vero?».
«Muto come una
tomba, Marengo, gliel'ho detto che si può fidare di me».
«Bravissimo».
L'Ambrogino
strabuzzò gli occhi e inarcò le sopracciglia ribadendo tutto il suo stupore.
«Glielo dici tu?
Io non credo di poter infilarmi in quella bolgia».
«Dirle cosa?».
«Che devo
parlare con lei».
Per un attimo
l'Ambrogino rimase interdetto, incapace di mettere in relazione la difficoltà
del Marengo con la reale situazione che, di fatto, non mostrava alcun pericolo.
Gli parve impossibile che un uomo della statura del saggio della comunità
potesse trovarsi infastidito da tanti giovani con abiti semplicemente un po’ più
succinti del solito. E invece era proprio così. Si meravigliò di scoprire questo
lato debole del Marengo, ma la cosa non lo indispose, anzi: fu felice di sapere
che, in fondo, anche lui era un uomo come tutti gli altri, con le sue passioni
e i suoi desideri.
«Ci penso io,
Marengo, non si muova da qui».
«Ambrogino».
«Dica».
«Sii discreto,
non è il caso che sappiano tutti».
L'Ambrogino si
espresse con un vago sorriso e si fiondò dall'amica.
70.
«Andrea
Brambilla, faccia da camomilla».
«Agnese!», gridò
l'Ambrogino.
«Andrea
Brambilla, faccia da camomilla».
«Ti prendo e ti
ammazzo», reclamò il destinatario degli sfottò, ma la ragazza fu così rapida e
abile fra i flutti che il povero Andrea non impensierì minimamente le sue
mosse.
«Agnese!», tornò
a berciare l'Ambrogino.
Non ebbe di
nuovo risposta e si convinse che ci fosse un solo modo per sedare l'esuberanza
dell'amica: atterrarla e costringerla a starlo ad ascoltare.
L'Agnese compì
una brusca virata in corrispondenza di un punto in cui le acque raggiungevano
il metro di altezza, ma non fu in grado di divincolarsi dall'attacco forsennato
dell'Ambrogino.
«Che fai!»,
esclamò contrariata.
«Mi vuoi stare a
sentire?», domandò l'Ambrogino, mentre il resto degli amici continuava a
sguazzare, tutti felici e beati fra le piccole onde del torrente.
«Inizia a tenere
giù le mani».
Si accorse la
Lina dell'alterco fra i due, e lanciò un'occhiata furente allo spasimante.
L'Ambrogino
cercò con uno sguardo accigliato di rassicurarla, ma la cosa andò in porto solo
quando vide in cima alla scarpata il Marengo che le faceva intuire che il
fidanzato stava agendo per un suo ordine.
«Ti devo dire
una cosa molto importante».
L'Agnese si
acquietò notando la severità dell'amico.
«Il Marengo ti
vuole parlare».
«A me? Ma stai
scherzando?»
«Non sto
scherzando. Lo vedi lassù?».
Insieme si
girarono verso l'uomo che li rincuorò con un sorriso.
«Ma che vuole da
me?».
«Non ti
preoccupare, tu dammi retta. E' venuto qui apposta».
L'Agnese
corrucciò la fronte, tormentata da questa stranissima richiesta. Sapeva
benissimo chi fosse il Marengo, e dell'amicizia che lo legava al padre,
tuttavia non riuscì proprio a immaginare cosa c'entrasse lei con il più
importante uomo del villaggio.
«Allora vado?»,
mugugnò, quasi impaurita.
«Certo,
continueremo domani a divertirci con l'acqua. Vai tranquilla».
L'Agnese annuì e
con molta meno foga di quando era arrivata fin lì, cercò la riva per
raggiungere il Marengo.
«Ah, maledetta».
Andrea
Brambilla, inconsapevole di ogni cosa, l'aveva stretta alle spalle per
vendicarsi delle prese per i fondelli patite.
«Finalmente ti
ho catturata. Lo dici ancora che ho la faccia da camomilla?».
E mentre glielo
domandava le affondava la faccia nel torrente.
«No, ti prego!»,
tartagliò la ragazza.
Agnese che aveva
rimosso ogni cosa, sopraffatta da una visita del tutto inaspettata, non
comprese la reazione bellicosa dell'amico e si spaventò a morte.
«Allora, mi
prendi ancora in giro?», continuò il giovane.
«Lasciala
stare», ordinò l'Ambrogino, corso in aiuto dell'amica. «Andrea, ascoltami,
adesso non è il caso di andare avanti a scherzare».
«Infatti non sto
scherzando. Lei…».
Non finì la
frase.
«Adesso basta!
Agnese, vieni subito qui!».
Al vocio potente
e autorevole del Marengo tutti i ragazzi zittirono e lungo il corso del
torrente calò uno strano silenzio. All'unanimità si chiesero cosa stesse
succedendo, ma l'Ambrogino, come aveva promesso al saggio del villaggio, continuò
a rimanere muto come una tomba.